Vado a vivere in Australia: tra sogno e realtà cosa serve sapere prima dello sbarco nella terra dei canguri

Vado a vivere in Australia. Sono sempre di più i nostri connazionali che sbarcano dall'altra parte del mondo in cerca di fortuna. Pare che nel 2014 il numero di italiani immigrati sia stato superiore a quelli che lo fecero nel 1950. 

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Gianluca Ricci, autore di “Vado a vivere in Australia” ci racconta come si vive e qual è la realtà dell’immigrato una volta approdato nella terra dei canguri.

Gianluca, perché secondo te l'Australia è una meta così ambita?

Prima di tutto perché le possibilità di impiego sono significativamente elevate, anche se bisogna rispettare una nutrita serie di precetti per poter cullare il sogno; in secondo luogo perché si tratta di una terra le cui caratteristiche sociali non sono molto diverse rispetto a quelle a cui si è abituati. A parte l’eventuale scoglio della lingua, non esistono ostacoli antropologici ardui da superare. Inoltre l’Australia emana una profonda connotazione simbolica: se si vuole cambiare vita, quale posto migliore degli antipodi?

Primo scoglio: il visto e il permesso di soggiorno. Come funziona e quanto tempo dura?

Vista la complessità delle operazioni previste per comprendere quale fra i numerosi tipi di visto fa al caso proprio e per verificare se si posseggono le competenze e le specificità richieste, impossibile liquidare la faccenda in quattro e quattr’otto. E anche per la durata, dipende dal visto. Ciò che si può dire è che il sistema è ferreo, ma funziona: se si rispettano tutte le richieste, problemi non ce ne sono. Tuttavia spesso le situazioni di partenza non sono così semplici come il dipartimento dell’immigrazione vorrebbe, ragion per cui molti si rivolgono ad agenzie specializzate per ottenere l’ambito documento senza dover soffrire: l’avvertenza è di scegliere eventualmente fra le agenzie riconosciute dall’apposito albo.

Qual è livello di conoscenza di inglese necessario per sopravvivere?

Inutile girarci intorno: serve una conoscenza buona della lingua. Le possibilità di trovare un’occupazione adeguata alle proprie aspettative e di calarsi nel nuovo tessuto sociale passano prevalentemente da lì.

C'è una categoria di lavori riservati agli italiani, della serie camerieri e lava piatti, o ci sono più possibilità di trovare un buon lavoro?

Nessuna categoria di lavoro è riservata agli italiani: l’importante è partire dopo aver verificato bene se fra le proprie competenze e le richieste di lavoro esistono affinità e compatibilità. Altrimenti il rischio è di fare un buco nell’acqua e dover tornare a casa alla scadenza del visto temporaneo.

Ci racconti qualche bella storia, di qualcuno che ha vissuto in Australia?

Di storie ce ne sono tante, molte delle quali, grazie alla dinamicità del web, sono note alla maggior parte di coloro che hanno preso in considerazione l’ipotesi di trasferirsi laggiù. Io preferisco però ricordare la storia di quel ragazzo che, sul punto di partire dopo aver liquidato tutti i legami che lo trattenevano a casa, ha deciso improvvisamente di sospendere l’operazione per evitare di trovarsi dall’altra parte del globo senza le dovute garanzie. Ha lavorato un anno ancora per perfezionare le sue conoscenze e le sue abilità e solo quando le ha ritenute compatibili con le disponibilità ha deciso di fare il grande salto. Oggi lavora in una grande azienda agricola e di tanto in tanto manda messaggi di grande soddisfazione. È l’esempio più significativo per capire che non si può partire allo sbaraglio, ma si deve ponderare con attenzione ogni minimo aspetto. Non ci si può far rovinare dall’eccesso di entusiasmo.

In media, qual è il budget di base da calcolare prima di fare il grande salto e sopravvivere almeno 3 mesi?

Ovviamente dipende dallo standard di vita a cui si è abituati: è importante tenere conto che il costo della vita in Australia è superiore al costo della vita in Italia e che non sempre si trova un’attività sufficientemente remunerativa dopo pochi giorni per poter far fronte alle proprie necessità. Meglio partire dunque con qualche migliaio di euro per poter poi operare con tranquillità una volta toccato il suolo australiano.

Tra le tue conoscenze c’è qualcuno che in Australia ha veramente svoltato sia per quanto riguarda sia vita professionale che personale?

Di nome fa Matteo: è partito con un visto temporaneo riservato agli studenti, di quelli che lasciano però aperta la possibilità di trovare un impiego, e una volta giunto in Australia si è dato da fare. In Italia era appena stato licenziato dopo sette anni di lavoro nel settore informatico. Lui ha raccontato di avere trovato fortunosamente il canale giusto, ma conoscendo una fanciulla del luogo e intensificando il suo rapporto con lei ha avuto l’opportunità di farsi apprezzare dal padre, che lo ha accolto non solo nella sua casa, ma anche nella sua azienda. Ora, quando gli parli dell’Italia, ti guarda via Skype, fa un sorrisino e con un gesto delle mani ti fa chiaramente capire che la sua terra d’origine non fa più parte del suo orizzonte.

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