PREGA PER ME, il secondo album dei Todo Modo

TODOMODOÈ uscito il 31 marzo per Goodfellas, il secondo lavoro dei Todo Modo, band formata da Giorgio Prette, Xabier Iriondo e Paolo Saporiti. Il titolo è "Prega per me" e ha in copertina l'immagine del padre di Prette mentre gioca a golf: sport scelto come metafora dalla band perchè nel suo alternarsi di buca dopo buca e un continuo arrivare-ripartire dove ci si affida alla forza del gesto e alla fiducia della geometria variabile della pallina-vita.
Un disco sulla fiducia intesa anche come fede in un "possibile" a cui, ormai, opponiamo la tragica resa incondizionata degli eventi. Oggi, tramite l'impegno sociale dei testi e la loro strategica ricercatezza dell'empatia con l'ascoltatore, nonchè le rasoiate di ritmica e chitarre, più che mai è il momento che la musica deve avere un ruolo di "risveglio individuale" che si possa fare non volutamente ma speratamente generazionale.
"La fine del mondo" è una un post-punk dove i colpi storti di batteria di Prette sembrano dare il risveglio dal sogno dronico della chitarra fuzzonissima di Iriondo, mentre Saporiti come un San Giovanni sente venire la fine del modo e lo ripete in una salmodia emozionante come non mai; "Non vedi che fa male" un ritualistico avant-rock contorsionista alla "Modern Dance" dei Pere Ubu; "Clandestino" si occupa di una tematica che purtroppo è tristemente attuale e lo fa con la pacatezza di una linea di scrittura scarna e essenziale che ricorda qualche ballata del nostro Saporiti dei suoi primi album solisti; "Prendi a calci i tuoi dolori" è una cavalcata tra Motorhead e Stooges con la voce di Paolo che sembra cantare una nota impossibile e sospesa; "Vero" è un un vero e proprio pezzo progressivo in quanto passa da un treno stoner rock e apre una una parantesi spoken-word per poi chiudere in una coda looperistica; "Fino a farmi male" ha un testo stupendo che mette in evidenza la difficoltà di un individuo di capire se, davanti a tutto questo male-bene in un ottica esistenzialista; "Non dite niente" ci dà modo di parlare di un cantautorato fine anni novanta che prende influenze soft-grunge alla Stone Temple Pilots; "La figlia del re" è una piece di teatro sperimentale che rilancia la commediuccia mocciana e ne stravolge gli stereotipi per farne un canovaccio sartriano sulla voglia di emancipazione dalla dipendenza affettiva; "Prega per me" è un ballatone decostruito sulla pelle di un moderno fariseo, in cui ritorna il motto di Patty Smith sulla colpa-non-colpa che libera tutti dal peccato della pietra scagliata per disperazione di vivere; il doom sporco-dronico recitativo di "La ballata di Rouen" fa da contraltare a "Nel nome mio" che è una ninna nanna acustica e riflessiva.
Sì perchè alla fine di quest'opera si esce coinvolti e dove non basta lo stomaco, ci viene in aiuto la riflessione. È così che quella "possibilità" che forse alla fine ci verrà concessa non dalla reiterazione dell'abitudine di stare al mondo, ma dall'invenzione di uno slancio nuovo e originale di un necessario peccare, darà il senso allo stesso peccato.

tracce:

 1.La fine del mondo
 2.Non vedi che fa male
 3.Clandestino
 4.Prendi a calci i tuoi dolori
 5.Passaggio a livello
 6.Vero
 7.Fino a farmi male
 8.Non dite niente
 9.La figlia del re
 10.Prega per me
 11.Nel nome mio
 12.La ballata di Rouen   


 Marco Pancrex