I Musicamanovella giurano su Vinicio Capossela e si raccontano

 

Abbiamo contattato Rocco Spagnoletta dei Musicamanovella che ci ha parlato un po' della band, del loro ultimo disco uscito da poco dal titolo “Te lo giuro su Vinicio Capossela” e di molto altro. Quest'ultimo disco è una fucina di emozioni, un affresco multicolore dal sapore dolce e amaro che parla di migranti del passato e di migranti del presente e lo fa attraverso canzoni dal sound folk rock con richiami alla musica popolare...leggete cosa ci ha raccontato...

musicamanovella

1. Chi sono i Musicamanovella? Parlateci di voi, quando e come siete nati come band, chi fa parte del gruppo, un po' di storia della band...

I Musicamanovella nascono in embrione dall’incontro mio (Rocco Spagnoletta) con Dario Vista quando avevamo 13 anni, io ero un appassionato di letteratura e lui di musica, abbiamo cercato di scambiarci le nostre passioni… con scarsissimi risultati. I Musicamanovella nascono dopo un concerto del 2004, a Pignola, di Vinicio Capossela. I Musicamanovella all’inizio erano in 3, ora il numero dei componenti nei live nelle piazze arriva fino a 11 musicisti provenienti da diversissime esperienze musicali: con me (chitarra e voce) e Dario (basso e voce) i fratelli Antonio e Mimmo Gruosso (fisa e tastiere) sono il cuore del gruppo. I chitarristi Pezzano e De Nicola che derivano dal Blues e dal Rock, il batterista Antonello Ruggiero, un giovane polistrumentista Antonio Paciello (18 anni) che passa dal piano al sax e i percussionisti Scavone e Zio Vito (classe 67). Si aggiunge spesso (dal vivo come nel disco) la voce femminile di una giovanissima artista: Sabrina Pippa. Un discorso a parte merita il nostro direttore Rocco Azzarino, maestro dell'esecuzione, con bacchetta e divisa, e nostro più grande successo: chi lo conosce sa perchè lui è il simbolo della nostra rivoluzione culturale.

 

2. Il vostro ultimo album si intitola “Te lo giuro su Vinicio Capossela”: di cosa parla questo disco? Perchè un titolo così eloquente? Cosa rappresenta per voi Vinicio Capossela? In cosa vi sentite simili e in cosa vi sentite distanti dall'istrionico cantautore?

Vinicio è il nostro padre putativo. Io e Dario (abitavamo, da studenti fuorisede, fuoricorso e fuoritutto, a Roma) negli anni ’90, ospitammo uno scrittore per un po’. Questi portò con se un bagaglio di dischi e audiocassette. Su una cassetta ascoltammo Ultimo Amore, trascrivemmo il testo andando avanti e indietro col nastro. Rompemmo la cassetta. Da allora i dischi di questo tale Capossela scandirono le nostre giornate. Un giorno di fine estate arrivò un furgone a Pignola (paese montano e lucano di poche migliaia di anime) e scese un uomo, barba e cappello dinanzi a noi si presentò: “Sono un musicista, mi chiamo Vinicio Capossela!”. Avete presente quando il destino si impegna? ma proprio tanto? 

“Te lo giuro” è un modo di dire delle nostre parti e lo si ripete comemusicamanovella capossela un karma ogni volta che si vuole sottolineare una verità. Quando cerchi la verità e la porti sul palco la gente se ne accorge e ti vuole bene. Giurare su Vinicio è il nostro modo di innalzarlo a dio della musica italiana. Quando ha sentito il pezzo Vinicio mi ha detto “Sei uno spergiuro!!” 

 

3. Cosa è cambiato (se qualcosa è cambiato) rispetto al precedente “L'Amore è Cieco o ci Vede Poco”? Come sono nate le canzoni del nuovo disco?

L’amore è cieco era un disco di vissuto, Te lo giuro è un disco letto. Nel primo disco raccontavamo quello che abbiamo vissuto in prima persona il secondo deriva da quello che abbiamo letto su libri, giornali, annunci delle case per studenti, facebook e libretti di istruzioni. Così ci sono canzoni che fanno riferimento alla questione meridionale, ai poeti francesi, a Yzu un poeta scomparso lo scorso anno, a Tenco, a Fante e Vinicio stesso. Maledetto Mare Nero ad esempio è una canzone che nasce da un articolo che lessi nel periodo degli sbarchi a Lampedusa, una storia che mi commosse: due profughi, marito e moglie, che cercano in Italia la loro terra promessa (e mai mantenuta) ma che si perdono in mare dopo un naufragio. La guardia costiera salva l’uomo ma la donna non si trova. Nella disperazione di quell’uomo c’è tutto il fallimento della società moderna. L’amore però salva tutto e la moglie compare a Lampedusa salvata da un’altra motovedetta. L’amore è la speranza del mondo.

 

4. In “Musica perdiscodance” parlate, tra le altre cose di Facebook. Ecco, come vi ponete di fronte ai social network, al free-download, a internet?

Internet è la più grande rivoluzione di tutti i tempi. I social sono parte di questa rivoluzione. Se tu oggi mi intervisti è merito di un social. Probabilmente noi senza Internet non esisteremmo perciò ci poniamo di fronte ad esso con un profondo senso di riconoscenza. Poi internet ha i suoi difetti come tutti noi, d’altronde nessuno è perfetto, perché dovrebbe esserlo la rete?

 

5. C'è inoltre nell'ultimo disco una rivisitazione di “Susanna”, celebre brano di Celentano. Cosa vi ha spinto a proporne una cover?

Non tutti sanno che Susanna è a sua volta una cover. Celentano cantò Suzanna del gruppo olandese The Art Company e questa canzone divenne il singolo del suo disco (di tutte cover) I MIEI AMERICANI. Noi l’abbiamo scelta perché un giorno alle prove cazzeggiando su un pezzo di Manu Chao ci cantammo su il testo di Susanna e portammo il pezzo così confezionato in studio. Sotto Susanna orecchie attente troveranno Manu Chao come una sorta di ghost track neanche troppo ghost.

 

6. La vostra musica è coinvolgente, dissacrante e ironica. Durante i vostri concerti come reagisce il vostro pubblico?

Te lo voglio far vedere. Il nostro pubblico, che avevi capito? E’ scalmanato e romantico al tempo stesso, ha voglia di divertirsi e di sognare, è il miglior pubblico che potessimo desiderare.

 

7. Quali sono le vostre ambizioni future? Se aveste la bacchetta magica cosa vi regalereste?

Dai, ma chi avrebbe scommesso su questi pignolesi che suonavano per cazzeggiare e che oggi si ritrovano con due dischi all’attivo e quasi mille concerti alle spalle? Le ambizioni nostre qualche anno fa non si spingevano fin qui. A noi in futuro basterebbe vedere la gente che si diverte ai nostri concerti e torna a casa con uno spirito diverso e soprattutto io spero di avere sempre storie da raccontare.

 

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