Sotto un tetto di stelle…a volte grandina!

Suonare in strada è anche stare nella strada, confrontarmi con chi vive in strada, incontrare l'altro oltre le mie sicurezze, entrare in relazione con l'altro, con i propri vissuti, con le proprie idee, con il proprio essere...ed è così che tra un caffè e un taccuino, continuo a preparare il mio percorso che domenica 18 mi vedrà suonare a Trani, nei pressi del porto.

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E mentre penso e scrivo mi arrivano le immagini che di seguito riporto: 

Ciò che vi sto per raccontare è la storia di Giovanni (nome inventato), uno dei tanti senza fissa dimora che ho conosciuto in questi anni. Nel novembre 2006, mi trasferii nella mia attuale casa di via G. Berchet, e non appena arrivato feci un giro per il quartiere, giusto per ambientarmi nelle nuove strade che avrei percorso quotidianamente, giusto per cercare un angolo di verde dove poter leggere il giornale la mattina, uno spazio dove poter portare il mio cane a fare i bisogni. Girato l’angolo mi inoltrai lungo un viottolo che finiva in un piccolo parco senza recinzioni, il giardino del Parterre. Tutto era in quiete, quel giorno l’autunno non graffiava, era una giornata serena. Sciolsi Soul, le accarezzai la testa e le dissi: -vai, ora sei libera di correre!- Mi sedetti su di una panchina e vidi arrivare un enorme cane nero, pronto a fiutare la nuova arrivata, e d’improvviso una grossa voce: Lucky, Lucky, vieni subito qui. E ancora: -mi scusi!-

Mi voltai, la voce apparteneva ad un uomo dalla lunga barba, un cappellino ed uno zaino zeppo di roba, deposto sotto un albero non ancora del tutto spoglio.

Chiusi il giornale e mi avvicinai:

-Non si preoccupi, è giusto che facciano conoscenza-

Gli tesi la mano e mi presentai:

-Piacere Fabio-

Lui mi guardò senza indugio alcuno:

-piacere Giovanni-

I successivi cinque minuti furono permeati dal silenzio, i nostri sguardi non si incontrarono, guardavamo i cani giocare. “Quando ci si avvicina alle nuove relazioni, con chiunque queste siano, bisogna farlo in punta di piedi, se si hanno poi difronte persone che vivono per strada, le cose si fanno un po’ più complicate, bisogna avere tatto e aspettare che siano loro a fare la prima domanda, o perlomeno cercare le parole giuste, non bisogna essere invadenti. Non bisogna far parlare solo il nostro cuore, ma anche la nostra intelligenza”.

Ad un certo punto il silenzio si ruppe:

- Sei nuovo della zona Fabio?-

- Si, sono arrivato ieri, abito qui dietro l’angolo, in via Berchet.

- E tu Giovanni, vieni spesso qui?

Sorrise, poi senza nessun imbarazzo rispose:

- Questo albero è la mia casa, questo cartone il mio letto, questo sacco a pelo il mio piumone.

- Capito. Guarda come giocano, si sono appena conosciuti e già sembrano amici da una vita!

L’orologio mi avvisò che erano le 12, e avevo un appuntamento di lavoro. Salutai Giovanni e mi avviai verso casa. Mi tornarono in mente le notti passate in stazione, tra corpi infreddoliti e deliri di uomini lasciati soli a se stessi, i sottopassaggi, la guerra tra gli extracomunitari per una busta di panini, sentii un brivido lungo la schiena. “Noi pensiamo che aiutare un povero voglia dire sfamarlo, dargli una coperta, ed è giusto poiché i bisogni primari devono essere soddisfatti, ma questo vuol dire contribuire alla sua vita biologica. Ogni persona però, ha il bisogno di sentirsi umanamente vivente.

Come nell’esperimento del cucciolo di scimmia che preferisce aggrapparsi alla finta sagoma di peluche che sprigiona calore, cercando solo a tratti, e senza sganciarsi mai, l’altra sagoma da cui attingere il latte, ma che non ha peli e non dà calore. Siamo distratti e abbiamo paura del diverso, lasciamo una moneta a distanza per il timore di essere infettati, non riusciamo a guardarli negli occhi, non riusciamo a donargli un sorriso. Così con la nostra moneta qualcuno comprerà del cibo, ma cosa c’è di più triste che consumare quel cibo da soli?E ancora, l’esclusione non è tanto essere rimproverati per ciò che si dice o si fa, essa si concretizza soprattutto quando una persona viene completamente ignorata, quando tutti se ne infischiano, quando le azioni non hanno alcun significato. Questa è la peggiore delle violenze”.

Nei giorni seguenti continuai a frequentare Giovanni, oggi siamo amici, passiamo del tempo insieme, a volte mangiamo insieme e lui mi racconta della sua vita passata e presente, come se tutto gli fosse estraneo, come se nulla potesse cambiare l’attuale condizione. Giovanni è nato in un piccolo paese di montagna in Emilia, figlio unico di genitori operai. A 14 anni decide di andare a lavorare, considerati i suoi scarsi risultati scolastici, intraprende l’apprendistato da idraulico. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, a 17 anni perde il padre e continua a vivere con la madre, caduta intanto in una seria depressione. Stringe i denti. Passano gli anni, sballottato tra una ditta e l’altra, lavorando in nero, ma con la voglia di continuare, con la speranza che lo aiuta a non abbattersi. Incontra una ragazza, ci si fidanza e vive giorni di amore e passione, giorni che non aveva finora conosciuto mai. Muore anche la madre, si ritrova solo in casa lasciatagli in eredità.

Si abbatte, ma non può fermarsi, ha una donna che lo ama, e come ogni uomo ha dei sogni da realizzare. Continua a lavorare in nero, senza alcuna garanzia, senza alcuna assicurazione del futuro. Convinto delle sue capacità, decide di mettersi in proprio. Inizia la sua discesa verso il precipizio, verso la strada che lo ha portato ad essere oggi, invisibile, un morto civile. Chiede prestiti su prestiti, compra le attrezzature necessarie, ma il lavoro non porta alcun risultato positivo. Ancora prestiti, ancora debiti, ancora un lavoro che non porta frutti maturi. Nel frattempo, come per forza maggiore, iniziano i litigi con la compagna. Viene mollato. E’ solo. E’ rovinato. Aspetta solo il giorno in cui qualcuno suonerà alla porta e con commiserazione lo inviterà a lasciare la sua casa, la casa comprata con il sudore dei genitori e dei nonni. Presto arriva quel giorno.

Mi dice: -di notte sogno ancora i sigilli!-

E’ nella strada. Giovanni non ha deciso, è stato costretto. Si sente spesso dire, senza conoscere:

-Hanno deciso di fare quella vita, perché turbarli della loro libertà?- Questa è un’affermazione conveniente, che ci rassicura. Ma si tratta davvero di libertà o, piuttosto del punto all’apice di una serie di non-scelte? Purtroppo per i “barboni” questa cosiddetta libertà si rivela una macabra illusione che porta al vuoto. La libertà non è qualcosa di inconsistente, non si sottrae agli ostacoli, ma li affronta. Quindi parlare di libertà degli erranti, è come non intravedere nemmeno per un istante il terribile tunnel del non-senso. La vita è diventata… vita per niente.

E arriviamo al presente, tralasciando i chilometri percorsi, i piedi spaccati e le porte chiuse in faccia, tralasciando la follia che in quei momenti incombe sulla psiche di ogni uomo e la ricerca di dignità che sembra scivolare via, come posata su litri e litri di sapone acido. Tralasciando pure i giorni passati a rovistare nei bidoni dell’immondizia. Oggi Giovanni ha 43 anni vive al parterre, sotto una pensilina fuori gli uffici della Firenze Parcheggi. Il suo morale è condizionato totalmente dalla colletta. E’ contento se riesce a comprare da mangiare e da bere, per sé e per il cane, è triste se non ci riesce. Non vuole lavorare è vero, ma non ha nemmeno niente. Ora, le domande che ci poniamo ogni giorno su questa condizione sociale sono molte:

-Perché non si trova un lavoro?

-Perché beve?

-Perché ha preso un cane, se non è sicuro di potergli dare da mangiare?

-Perché non si lascia aiutare?

 

Alcune delle risposte sono nascoste in queste frasi, altri quesiti però vanno ancora risolti. Vorrei che le risposte le trovassimo insieme, provando a metterci a nudo da ogni pregiudizio, con il semplice ascolto attento. Senza giudicare. Senza il bisogno né di fame, né di fama, senza la pretesa di aver capito tutto, con la voglia di mettersi sempre in discussione, con la consapevolezza che sotto un tetto di stelle…a volte grandina!

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Prossime date del mio Busker Tour

 

Buongiorno a tutti, di seguito le date dei miei prossimi concerti nella strada....grazie a tutti coloro che mi stanno seguendo, è piacere sentirvi vicini...

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PROSSIME STRADE DA PERCORRERE:

 

DOMENICA 18 MARZO: ZONA PORTO (TRANI) via zanardelli

GIOVEDI' 29 MARZO: ESKIMO CLUB, VIA DE CANACCI (FIRENZE)

VENERDI' 30 MARZO: 19/21 UFFIZI (FIRENZE)

SABATO 31 MARZO: 20/23 P.ZZA DELLA REPUBBLICA (FIRENZE)

DOMENICA 1 APRILE: 11/13 E 17/19 P.ZZA MAGGIORE (BOLOGNA)

LUNEDI' 2 APRILE: 11/13 P.ZZA MAGGIORE (BOLOGNA)

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C'è chi viaggia da turista e chi da viaggiatore, mi piace pensare di essere nella seconda categoria

Eccomi qui, appena tornato da Amsterdam. Distese di verde, mulini a vento, fiumi, canali, parchi, immensi parchi. E poi ancora erba, prostitute, casinò, biciclette, tram, autobus, taxi macchine, taxi navetta, taxi bici.

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Un'immensa vetrina dove potersi specchiare e finalmente dirsi: questo sono io con tutti i miei vizi. E ancora luci rosse, luci blu, luci verdi e tutto che si muove di fretta tra risate di plastica e mandibole stanche di masticare. E poi il caro vivere. Mi dico: "vabè è perchè sono in centro", purtroppo non è così. Ma quanto costa l'acqua ad Amsterdam? Quasi quasi conviene godersi dieci minuti di un tenebroso piacere. Ho la sensazione che tutto sia accessibile a tutti e non sempre questa sensazione mi arriva piacevole. A tratti mi sento ingabbiato in un enorme televisore, io e questo enorme televisore che ci guardiamo.

Riavvolgo il nastro, torno al mio viaggio e cerco di allontanarmi da tutto ciò che mi stanca, che non mi fa sentire comodo. Sono certo che Amsterdam non è solo vetrine che cercano di venderti dall'anima al corpo, sono certo che mi trovo in una città del nord europa e che il poco tempo a disposizione voglio viverlo diversamente. Così inizio a camminare e mi inoltro aldilà di piazza Dam verso il museo Van Gogh. Improvvisamente tutto diventa lento, rilassante, estremamente ordinato. Mi dico: "se l'anarchia rende le persone libere, per assurdo dove tutti convivono seguendo delle regole c'è libertà". E la libertà la vedo nel momento in cui io rispetto chi va in bici e chi va in bici rispetta chi va in macchina. Chi va in macchina, ovviamente rispetta chi va in tram. Mi dico: "qui è tutto un rispetto" e mi piace poichè io mi sento tranquillo a poter camminare a piedi, sapendo benissimo che nessuno mi verrà addosso. E quasi mi commuovo quando vedo sfrecciare le bici, sicure che nessuna macchina le andrà addosso. Bici con passeggini annessi e bambini dai capelli biondi e dagli occhi azzurri come il cielo che oggi ci protegge.

Ecco, Amsterdam non è solo erba e prostitute, è una città dalla quale prendere esempio. Ad esempio ad Amsterdam gli artisti di strada sono liberi. Non ci ho parlato e ho voluto immaginare, ma quello che sicuramente vedo, è che si esprimono uno vicino all'altro senza problemi, senza dire: "questo è il mio posto". Ho visto musicisti ad ogni angolo di strada, ho visto bambini giocare ai musei, una sorta di caccia al tesoro tra i quadri di van gogh. Ho visto moltitudini di biciclette e non ho sentito l'aria pesante fare a cazzotti con le mie vie respiratorie... 

Due giorni nei quali ho assaporato un Amsterdam diversa e lontana dalle maglie del BULLDOG. Con quest'aria rilassata anche il sorriso di una giovane sud americana mi arriva più vero e tenero.

Ma il viaggio continua. 

Arrivo in stazione e mi dicono che non ci sono autobus diretti per Eindhoven. Ed eccomi ancora una volta a camminare all'interno di un viaggio. 

Tre studentesse preoccupate più per quello che stanno dicendo e meno per quello che stanno indossando. Una vecchia signora con poesia per ognuna delle sue rughe. Una donna, mi ricorda un personaggio di Tim Burton, mi guarda, mi sorride e mi dice: "Yes, this is Utrecht". E in tutto questo, tu, al mio fianco, mia dolce anima...

Prendo tre treni e un autobus e dopo quasi quattro ore di viaggio, arrivo in areoporto, stanco e felice.

Qui riapro gli occhi, vedo cappellini con su scritto: Amsterdam. Sento ragazzi parlare di erba, cocaina, prostituzione. Vedo facce sconvolte da notti insonni, ancora una volta sorrido e mi dico: "C'è chi viaggia da turista e chi da viaggiatore, mi piace pensare di essere nella seconda categoria"....

Fabio

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Vai e vendi il tuo talento, perchè un talento va pagato

Arrivederci Roma, è stato un piacere conoscerti sotto questo aspetto, un pezzetto di strada. Si concludono oggi i due giorni nella capitale del mio "busker tour". Parto con la consapevolezza di voler ritornare, il processo di iniziazione ha dato i suoi frutti, dolci e amari, e va bene così, mi è sempre piaciuto l'agrodolce...

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Ringrazio William Buca, la sua musica, la sua voce, la sua compagnia. Caro amico, ti auguro di realizzare tutti i tuoi sogni, continua a camminare e non avrai bisogno di diventare famoso per sentirti appagato. Ringrazio gli artisti incontrati, l'iimpegno e la tenacia che giornalmente li contraddistingue nella ricerca della loro "libertà". Ringrazio i cocchieri, i cavalli e tutte le orecchie attente che hanno accolto la mia musica. 

>Ringrazio il sassofono di un vecchio sud americano che guardandomi negli occhi mi ha detto: "vai e vendi il tuo talento, perchè un talento va pagato"..

Ringrazio tutte le persone che mi hanno sostenuto fin dall'inizio in questo mio progetto. Che fatica ragazzi e che soddisfazione...

Ciao Roma, Roma capoccia...

Ps. Il 18 marzo credo di suonare a Trani...

Buona strada a tutti...

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Buongiorno, mi chiamo Fabio De Matteis e ho una relazione aperta con i miei desideri

 

Oggi il sole splende alto su Roma. Mi piace credere che non aspettava altro, oggi è iniziato il mio "busker tour"

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Entusiasta scendo le scale e mi tuffo in strada trasportando il mio ampli e sulle spalle la chitarra. Appuntamento con William Buca alla Feltrinelli, largo Argentina.

Puntuali arriviamo al Pantheon, centinaia di persone sedute sugli scalini di una fontana e poi, noi, la nostra musica, mosaico dell'aria. Non sento il minimo imbarazzo, sono pronto e mi presento: "Buongiorno, mi chiamo Fabio De Matteis e ho una relazione aperta con i miei desideri", e poi via una dopo l'altra, le canzoni, leggere come fossero petali di una margherita, e la mia voce che dalla pancia si espande nei vicoli della capitale.

Non mi aspetto niente, nessun applauso, nessun riconoscimento, mi ascolto e mi piace così, non voglio essere in nessun altro posto, se non qui dove mi trovo. E come spesso accade quando non ci si aspetta niente, arrivano le sorprese. Così, mentre vado per pennellare l'ultimo accordo, resto ancora qualche secondo con gli occhi chiusi e improvvisamente un unico battito di mani benvenuto arriva alle mie orecchie, beate, e con loro beato io.

Una bambina poggia delicatamente il suo foulard a terra, mi guarda, sorride e si siede. Una scolaresca di ragazzi greci, in cerchio mi balla attorno. E ancora tre fotografi che ripetutamente scattano le loro immagini, mi dicono: "scusa possiamo fotografare? Sai stiamo facendo un lavoro per una scuola"

E poi amici venuti ad incontrarmi, che piacere...Mi sento un anonimo al centro dell'universo. Ho la possibilità di urlare, alzo gli occhi al cielo, tutt'intorno vedo arte e respiro storia.

Ma oggi non è stato solo il giorno della musica, oggi mi sono dato la possibilità di confondermi con chi vive esprimendosi in strada. Così ho conosciuto Plamen, il sassofonista rom che da più di quindici anni è arrivato e vive in italia con la moglie e i figli, anche loro musicisti. Mi dice: "è dura, un tempo guadagnavo tanto, ma oggi siamo davvero in tanti e il comune ha vietato troppe zone, quindi siamo costretti ad ammassarci qui".

Mi spiega le regole che bisogna rispettare per non avere problemi. E' proprio così, esiste un codice che non ha niente a che vedere con le regole arrivate dalle istituzioni. Chiaramente mi dice: "qui non ti puoi mettere, è occupato". Inizialmente, mi infastidisco, continuo ad ascoltarlo, poi capisco che, ancora una volta il potere dall'alto crea guerre su guerre, guerre tra poveri.

Fondamentalmente, a Roma gli artisti di strada non sono liberi poichè devono combattere tra di loro per avere un spazio, e devono combattere con le istituzioni per non combattere tra loro. 

Nel pomeriggio decido di spostarmi in piazza Navona per lasciare spazio a chi fa l'artista di strada per mestiere. E' davvero come se la passione venisse messa in secondo piano, tra di loro non si dicono: "stai qui, vai tranquillo, puoi suonare", bensì "stai qui, vai tranquillo, puoi lavorare". Cambia la piazza ma non la situazione, ma non le regole nelle regole. Vincenzo è romano e da più di trent'anni suona per strada e nella strada si guadagna da vivere. Anche lui si sfoga e mi racconta di come ci sia poca possibilità di uscita da questa situazione, in una città che permette a tanti di suonare, ma in spazi molto ristretti. 

Vincenzo oggi non ha voglia di "lavorare", non ha voglia di lottare, oggi mi lascia il suo spazio, felice di avermi come compagnia....

Sono le sei, in questo sereno pomeriggio romano, stanco ripongo la chitarra nella custodia, spengo l'ampli e mi avvio sulla strada di casa. Ed è sulla strada di casa, alzando il sopracciglio sinistro che continuo a ripetermi: "Ogni minuto passato a suonare in piazza, merita un romanzo"

Buona notte

Fabio

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