INTERVISTA CON GLI STRIKE

Abbiamo intervistato Roberto Renesto ed Antonio Dondi, rispettivamente tastierista e cantante degli STRIKE che hanno da poco pubblicato il nuovo disco dal titolo "Tutto da rifare". Ci hanno parlato delle nuove canzoni, del loro universo musicale, dei progetti futuri e molto altro...

Strike foto 1

 

1. Chi sono gli STRIKE secondo gli STRIKE?
Antonio: In dialetto ferrarese esiste una parola,TGNIZ, costituita da quattro consonanti ed una vocale, probabilmente un record, che sta a significare qualcosa di cuoioso gommoso fibroso, duro da piegare masticare sconfiggere, come una vecchia rotella di liquirizia o un vecchio giaccone da camionista, come un vecchio peso welter e, che lo si voglia oppure no, come gli Strike. Attivi dal 1986, abbiamo attraversato diverse mutazioni sociali, abitudini, tendenze, evoluzioni espressive, nuove tecnologie: per questo siamo considerati da molti un'eredità vivente, custodi di una filosofia esistenziale che si riflette in una miscela meticcia incrocio di infinite culture, sonorità e ritmi. Più di trentanni passati ad inventare, a deteriorare pregiudizi e musicalità ricorrenti facendo dell'autoproduzione e dell'intensa rete di relazioni umane la garanzia della propria libertà espressiva ed autonomia gestionale.

Roberto: Sono comunque degli ottimi musicisti innamorati della musica e dei progetti che si realizzano attraverso di essa.

2. Come definireste la vostra musica in tre aggettivi?
Antonio: Libera, meticcia, iperattiva e con disturbi di attenzione.

Roberto: Groovvosa, ricca ed instabile.

3. Ascoltando il vostro ultimo lavoro dal titolo “TUTTO DA RIFARE”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai avete scelto questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?

Roberto: "Tutto da rifare" è nato come una riflessione personale sugli eventi che ci accadono ogni giorno e ci costringono, non appena crediamo di aver raggiunto un qualsiasi risultato in qualunque campo, a rimettere tutto in discussione e ripartire... Nello specifico, dopo un paio di birre l'amico autore e collaboratore Giorgio Felloni, al tempo anche chitarrista assieme a Marci Lee Valdez della band, mi comunicò che non aveva più intenzione di suonare dal vivo! In quel preciso momento una voce dentro di me disse: "ma è sempre tutto da rifare?" Così, il giorno dopo scrissi di getto la canzone che dà il nome all'album. Anche gli altri brani nascono in un qualche modo astraendo dalle esperienze fatte giorno dopo giorno. La necessità di elaborarle e metabolizzarle in un qualche modo, ci ha portato alla creazione di questo nuovo lavoro. Direi che rimane un album riflessivo, in un qualche modo una sorta di bilancio che ad un certo punto della vita si tende a fare, pur confezionato attraverso sonorità ed arrangiamenti ritmati e frizzanti.

Antonio: Avere 50 anni e guardarsi allo specchio chiedendosi cosa è rimasto o cosa si è reallizzato dei sogni, delle tante Utopìe e delle promesse di 30 anni fa...Viene spontaneo dirsi è tutto da rifare...Mancano completamente intellettuali o filosofi in grado di indicarci nuove prospettive esistenziali ed ancora i popoli si confrontano con ideologie e dogmi appartenenti al '900 e chiaramente inadeguate negli anni 2000...Pasolini, profeta, additava la società del consumo come la peggior tragedia a minare l'integrità sociale: ed eccoci qua! L'unico antidoto lo percepiamo nella crescita dell'individuo in quanto tale ed universale, nell'accettazione della diversità e nell'andare costantemente in "direzione ostinata e contraria"...

4. Le vostre canzoni hanno un sound fresco ed accattivante: quali sono gli ingredienti di questo ottimo risultato?

Roberto: Innanzitutto il bagaglio di ascolti che tutti noi ci siamo costruiti in più di 30 anni di vita vissuta attraverso la musica e l'entusiasmo strabordante che ancora abbiamo nel volerci esprimere attraverso di essa. In secondo luogo le sonorità e gli strumenti usati per arrangiare le canzoni che caratterizzano il "suono Strike"; le chitarre vintage di Marci Lee Valdez, i fiati dei maestri Ludovico Camozzi, Marco Polesinanti ed Amanzio Bergamini, gli Hammond taglienti di Roberto Renesto hanno reso molto fresco e personale il nuovo lavoro.

Antonio: Sicuramente anche una profonda sinergia di pensiero sulle vicende umane di questo XXI secolo che ha influenzato fortemente l'album dal punto di vista testuale ed anche sonoro. Volevamo fortemente un album che rendesse giustizia a quanto di noi stessi sacrificato, musicalmente parlando, nel percorso svolto sino ad ora. Mancava una possibilità concessa alla nostra anima Pop dove ovviammente sono trasudate le sfumature jazz, soul e funky a noi care...

5. Quali sono i vostri progetti futuri?

Roberto: Innanzitutto abbiamo il desiderio e l'esigenza fisica di portare "Tutto da rifare" sui palchi del maggior numero di città; il live che abbiamo costruito è già un passo avanti all'album! In secondo luogo realizzeremo a breve un secondo singolo con relativo video estratto dal nuovo lavoro.

Antonio: Penso già al prossimo disco...

6. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?

Roberto: Willie Peyote lo trovo fresco, accattivante e riflessivo nei testi.

Antonio: Daniele Silvestri e Motta