E l'uomo che regala portafortuna, fortuna non ne ha....

firenzeDomani si riparte, con la voglia di partire. Torno a Firenze, città nella quale ho vissuto per nove anni. Tanti i ricordi, tante le emozioni che si intrecciano come fili di lana dove al capolinea trovano sempre e comunque l'entusiasmo di esserci in quello che accadrà. Niente aspettative, solo la predisposizione ad accogliere ciò che ho già vissuto, e che sarà diverso, e ciò che ancora non ho vissuto e che vivrò. Mi sento eccitato all'idea di suonare agli uffizi, in piazza della repubblica, e sento di ringraziare ogni singolo pezzo di marmo poichè in un certo senso, è da qui che il mio cammino è iniziato. E allora mi chiedo se ancora ci saranno le mani di orientali a partorire i grilli, il quartetto blues, o il pennello di un pittore sconosciuto che scaltro dipinse ironicamente la mia faccia...
E poi suonerò all'eskimo, il posto che dal 1989 accoglie la musica di cantautori, il posto nato dopo che le istituzioni vietarono i concerti agli artisti di strada, in strada. L'eskimo, il primo posto in cui la mia musica trovò orecchie attente. Non mi aspetto niente e al tempo stesso spero di poter abbracciare gli amici che nel tempo ho incontrato, perso e ritrovato...Vi lascio così, con dei versi che molto tempo fa scrissi, passeggiando per Firenze...

Piazza del duomo, vuota come mai
I pochi passanti hanno ali per volare
Il venditore ambulante resta solo con il freddo
Un pittore sconosciuto muove il suo pennello
E l'uomo, che regala portafortuna, fortuna non ne ha...

Continuo a camminare verso il vecchio ponte
La gente di strada mostra a noi la sua anima
Ci sono statute, giocolieri, un quartetto blues
Mani di orientali a terra a partorire grilli
E l'uomo, che regala portafortuna, fortuna non ne ha...

Le vetrine si accendono quando il sole si spegne
Gli abeti covano i regali per la festa
Fiaccole di fuoco oggi voleggiano nell'aria
Si affollano le strade in tarda serata
E l'uomo, che regala portafortuna, fortuna non ne ha...

Un cappotto rattoppato chiede solo qualche spiccio
La pelliccia di una donna ha paura di essere derubata
Non sa che lui fa della sua povertà una ricchezza
E' felice perchè nessuno mai potrà portagli via, la sua povertà
E l'uomo, che regala portafortuna, fortuna non ne ha...

Ormai la luna è alta
David è solo in piazza signoria
Un dolce russare da un cartone sale su nel cielo
Un dolce sognare nasconde la verità
E l'uomo che regalava portafortuna, fortuna non ne ha...

Fabio

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Se vi disturbo, ditemelo, stacco e me ne vado

 

La prima data del "busker tour" in puglia è andata. Domenica 18 marzo, ventuno gradi, chitarra, ampli e tre cari amici ad accompagnarmi.

fabio_de_matteis

Arrivo sul lungomare a Trani alle 11, mi guardo attorno e vedo una città vestita di bianco, pietra, barche, una città calda e al tempo stessa fredda. Inizio ad informarmi, parlo con la polizia municipale e mi dicono che per suonare in strada bisogna fare un'autocertificazione qualche giorno prima. La cosa non mi convince per un semplice fatto: non ne sono sicuri nemmeno loro; in più una delibera regionale non parla di alcun permesso per chi decide di esibirsi in strada.

Saluto e continuo il mio cammino. Tante persone, tutte imbellettate, etichette che scintillano sotto il sole cocente, sembra quasi di assistere ad una sfilata di moda. Mi sento un pò a disagio e al tempo stesso decido di suonare. Per non incorrere in eventuali multe, chiedo ad alcuni ragazzi che avevano un gazebo per la raccolta firme contro i privilegi della casta, la possibilità di allietare il loro lavoro. Accettano, e via con la musica. Mi stavo quasi annoiando, le persone passano e quasi quasi si vergognano di guardare, qualcuno canticchia, qualcuno, appunto. E mentre continuo a ripetermi, non mi piace questa situazione, al termine del primo brano mi si avvicina un uomo trasandato, con un solo dente in bocca. Mi sorride e dice: "mi piace quello che fai, io sono stato uno dei primi artisti di strada in italia. Eravamo un gruppo di dieci persone, presi l'idea ad Ischia e la portai a Trani. Sappi però che questa non è una città per l'arte di strada". Beh, la penso allo stesso modo, non per la città, ma per gli interessi di chi ci vive.

Nel pomeriggio, scopro un'isola di piacere, in un mare di griffe patetiche e navi con quattro ruote. L'isola di cui parlo è un piccolissimo locale, il souvenir, ambiente vintage, zollette di zucchero, caffè di moca. I ragazzi che gestiscono il posto vedono la mia chitarra e mi chiedono da dove arrivo. Ci parlo, alla fine mi ritrovo a suonare per loro e per tutti i ragazzi che alle quattro di un pomeriggio primaverile sorseggiano il loro drink... Tutto sommato sono soddisfatto, anche Trani mi ha ricevuto. Ringrazio la compagnia di Alberto, Lucia e Enzo.

Io sono Fabio De Matteis, sto portando in giro la mia musica per le città italiane.. A breve uscirà il mio primo album. Oggi vi presento alcuni brani scritti nel tempo. Se vi disturbo, ditemelo, stacco e me ne vado...

 

Fabio

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Sotto un tetto di stelle…a volte grandina!

Suonare in strada è anche stare nella strada, confrontarmi con chi vive in strada, incontrare l'altro oltre le mie sicurezze, entrare in relazione con l'altro, con i propri vissuti, con le proprie idee, con il proprio essere...ed è così che tra un caffè e un taccuino, continuo a preparare il mio percorso che domenica 18 mi vedrà suonare a Trani, nei pressi del porto.

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E mentre penso e scrivo mi arrivano le immagini che di seguito riporto: 

Ciò che vi sto per raccontare è la storia di Giovanni (nome inventato), uno dei tanti senza fissa dimora che ho conosciuto in questi anni. Nel novembre 2006, mi trasferii nella mia attuale casa di via G. Berchet, e non appena arrivato feci un giro per il quartiere, giusto per ambientarmi nelle nuove strade che avrei percorso quotidianamente, giusto per cercare un angolo di verde dove poter leggere il giornale la mattina, uno spazio dove poter portare il mio cane a fare i bisogni. Girato l’angolo mi inoltrai lungo un viottolo che finiva in un piccolo parco senza recinzioni, il giardino del Parterre. Tutto era in quiete, quel giorno l’autunno non graffiava, era una giornata serena. Sciolsi Soul, le accarezzai la testa e le dissi: -vai, ora sei libera di correre!- Mi sedetti su di una panchina e vidi arrivare un enorme cane nero, pronto a fiutare la nuova arrivata, e d’improvviso una grossa voce: Lucky, Lucky, vieni subito qui. E ancora: -mi scusi!-

Mi voltai, la voce apparteneva ad un uomo dalla lunga barba, un cappellino ed uno zaino zeppo di roba, deposto sotto un albero non ancora del tutto spoglio.

Chiusi il giornale e mi avvicinai:

-Non si preoccupi, è giusto che facciano conoscenza-

Gli tesi la mano e mi presentai:

-Piacere Fabio-

Lui mi guardò senza indugio alcuno:

-piacere Giovanni-

I successivi cinque minuti furono permeati dal silenzio, i nostri sguardi non si incontrarono, guardavamo i cani giocare. “Quando ci si avvicina alle nuove relazioni, con chiunque queste siano, bisogna farlo in punta di piedi, se si hanno poi difronte persone che vivono per strada, le cose si fanno un po’ più complicate, bisogna avere tatto e aspettare che siano loro a fare la prima domanda, o perlomeno cercare le parole giuste, non bisogna essere invadenti. Non bisogna far parlare solo il nostro cuore, ma anche la nostra intelligenza”.

Ad un certo punto il silenzio si ruppe:

- Sei nuovo della zona Fabio?-

- Si, sono arrivato ieri, abito qui dietro l’angolo, in via Berchet.

- E tu Giovanni, vieni spesso qui?

Sorrise, poi senza nessun imbarazzo rispose:

- Questo albero è la mia casa, questo cartone il mio letto, questo sacco a pelo il mio piumone.

- Capito. Guarda come giocano, si sono appena conosciuti e già sembrano amici da una vita!

L’orologio mi avvisò che erano le 12, e avevo un appuntamento di lavoro. Salutai Giovanni e mi avviai verso casa. Mi tornarono in mente le notti passate in stazione, tra corpi infreddoliti e deliri di uomini lasciati soli a se stessi, i sottopassaggi, la guerra tra gli extracomunitari per una busta di panini, sentii un brivido lungo la schiena. “Noi pensiamo che aiutare un povero voglia dire sfamarlo, dargli una coperta, ed è giusto poiché i bisogni primari devono essere soddisfatti, ma questo vuol dire contribuire alla sua vita biologica. Ogni persona però, ha il bisogno di sentirsi umanamente vivente.

Come nell’esperimento del cucciolo di scimmia che preferisce aggrapparsi alla finta sagoma di peluche che sprigiona calore, cercando solo a tratti, e senza sganciarsi mai, l’altra sagoma da cui attingere il latte, ma che non ha peli e non dà calore. Siamo distratti e abbiamo paura del diverso, lasciamo una moneta a distanza per il timore di essere infettati, non riusciamo a guardarli negli occhi, non riusciamo a donargli un sorriso. Così con la nostra moneta qualcuno comprerà del cibo, ma cosa c’è di più triste che consumare quel cibo da soli?E ancora, l’esclusione non è tanto essere rimproverati per ciò che si dice o si fa, essa si concretizza soprattutto quando una persona viene completamente ignorata, quando tutti se ne infischiano, quando le azioni non hanno alcun significato. Questa è la peggiore delle violenze”.

Nei giorni seguenti continuai a frequentare Giovanni, oggi siamo amici, passiamo del tempo insieme, a volte mangiamo insieme e lui mi racconta della sua vita passata e presente, come se tutto gli fosse estraneo, come se nulla potesse cambiare l’attuale condizione. Giovanni è nato in un piccolo paese di montagna in Emilia, figlio unico di genitori operai. A 14 anni decide di andare a lavorare, considerati i suoi scarsi risultati scolastici, intraprende l’apprendistato da idraulico. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, a 17 anni perde il padre e continua a vivere con la madre, caduta intanto in una seria depressione. Stringe i denti. Passano gli anni, sballottato tra una ditta e l’altra, lavorando in nero, ma con la voglia di continuare, con la speranza che lo aiuta a non abbattersi. Incontra una ragazza, ci si fidanza e vive giorni di amore e passione, giorni che non aveva finora conosciuto mai. Muore anche la madre, si ritrova solo in casa lasciatagli in eredità.

Si abbatte, ma non può fermarsi, ha una donna che lo ama, e come ogni uomo ha dei sogni da realizzare. Continua a lavorare in nero, senza alcuna garanzia, senza alcuna assicurazione del futuro. Convinto delle sue capacità, decide di mettersi in proprio. Inizia la sua discesa verso il precipizio, verso la strada che lo ha portato ad essere oggi, invisibile, un morto civile. Chiede prestiti su prestiti, compra le attrezzature necessarie, ma il lavoro non porta alcun risultato positivo. Ancora prestiti, ancora debiti, ancora un lavoro che non porta frutti maturi. Nel frattempo, come per forza maggiore, iniziano i litigi con la compagna. Viene mollato. E’ solo. E’ rovinato. Aspetta solo il giorno in cui qualcuno suonerà alla porta e con commiserazione lo inviterà a lasciare la sua casa, la casa comprata con il sudore dei genitori e dei nonni. Presto arriva quel giorno.

Mi dice: -di notte sogno ancora i sigilli!-

E’ nella strada. Giovanni non ha deciso, è stato costretto. Si sente spesso dire, senza conoscere:

-Hanno deciso di fare quella vita, perché turbarli della loro libertà?- Questa è un’affermazione conveniente, che ci rassicura. Ma si tratta davvero di libertà o, piuttosto del punto all’apice di una serie di non-scelte? Purtroppo per i “barboni” questa cosiddetta libertà si rivela una macabra illusione che porta al vuoto. La libertà non è qualcosa di inconsistente, non si sottrae agli ostacoli, ma li affronta. Quindi parlare di libertà degli erranti, è come non intravedere nemmeno per un istante il terribile tunnel del non-senso. La vita è diventata… vita per niente.

E arriviamo al presente, tralasciando i chilometri percorsi, i piedi spaccati e le porte chiuse in faccia, tralasciando la follia che in quei momenti incombe sulla psiche di ogni uomo e la ricerca di dignità che sembra scivolare via, come posata su litri e litri di sapone acido. Tralasciando pure i giorni passati a rovistare nei bidoni dell’immondizia. Oggi Giovanni ha 43 anni vive al parterre, sotto una pensilina fuori gli uffici della Firenze Parcheggi. Il suo morale è condizionato totalmente dalla colletta. E’ contento se riesce a comprare da mangiare e da bere, per sé e per il cane, è triste se non ci riesce. Non vuole lavorare è vero, ma non ha nemmeno niente. Ora, le domande che ci poniamo ogni giorno su questa condizione sociale sono molte:

-Perché non si trova un lavoro?

-Perché beve?

-Perché ha preso un cane, se non è sicuro di potergli dare da mangiare?

-Perché non si lascia aiutare?

 

Alcune delle risposte sono nascoste in queste frasi, altri quesiti però vanno ancora risolti. Vorrei che le risposte le trovassimo insieme, provando a metterci a nudo da ogni pregiudizio, con il semplice ascolto attento. Senza giudicare. Senza il bisogno né di fame, né di fama, senza la pretesa di aver capito tutto, con la voglia di mettersi sempre in discussione, con la consapevolezza che sotto un tetto di stelle…a volte grandina!

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Prossime date del mio Busker Tour

 

Buongiorno a tutti, di seguito le date dei miei prossimi concerti nella strada....grazie a tutti coloro che mi stanno seguendo, è piacere sentirvi vicini...

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PROSSIME STRADE DA PERCORRERE:

 

DOMENICA 18 MARZO: ZONA PORTO (TRANI) via zanardelli

GIOVEDI' 29 MARZO: ESKIMO CLUB, VIA DE CANACCI (FIRENZE)

VENERDI' 30 MARZO: 19/21 UFFIZI (FIRENZE)

SABATO 31 MARZO: 20/23 P.ZZA DELLA REPUBBLICA (FIRENZE)

DOMENICA 1 APRILE: 11/13 E 17/19 P.ZZA MAGGIORE (BOLOGNA)

LUNEDI' 2 APRILE: 11/13 P.ZZA MAGGIORE (BOLOGNA)

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C'è chi viaggia da turista e chi da viaggiatore, mi piace pensare di essere nella seconda categoria

Eccomi qui, appena tornato da Amsterdam. Distese di verde, mulini a vento, fiumi, canali, parchi, immensi parchi. E poi ancora erba, prostitute, casinò, biciclette, tram, autobus, taxi macchine, taxi navetta, taxi bici.

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Un'immensa vetrina dove potersi specchiare e finalmente dirsi: questo sono io con tutti i miei vizi. E ancora luci rosse, luci blu, luci verdi e tutto che si muove di fretta tra risate di plastica e mandibole stanche di masticare. E poi il caro vivere. Mi dico: "vabè è perchè sono in centro", purtroppo non è così. Ma quanto costa l'acqua ad Amsterdam? Quasi quasi conviene godersi dieci minuti di un tenebroso piacere. Ho la sensazione che tutto sia accessibile a tutti e non sempre questa sensazione mi arriva piacevole. A tratti mi sento ingabbiato in un enorme televisore, io e questo enorme televisore che ci guardiamo.

Riavvolgo il nastro, torno al mio viaggio e cerco di allontanarmi da tutto ciò che mi stanca, che non mi fa sentire comodo. Sono certo che Amsterdam non è solo vetrine che cercano di venderti dall'anima al corpo, sono certo che mi trovo in una città del nord europa e che il poco tempo a disposizione voglio viverlo diversamente. Così inizio a camminare e mi inoltro aldilà di piazza Dam verso il museo Van Gogh. Improvvisamente tutto diventa lento, rilassante, estremamente ordinato. Mi dico: "se l'anarchia rende le persone libere, per assurdo dove tutti convivono seguendo delle regole c'è libertà". E la libertà la vedo nel momento in cui io rispetto chi va in bici e chi va in bici rispetta chi va in macchina. Chi va in macchina, ovviamente rispetta chi va in tram. Mi dico: "qui è tutto un rispetto" e mi piace poichè io mi sento tranquillo a poter camminare a piedi, sapendo benissimo che nessuno mi verrà addosso. E quasi mi commuovo quando vedo sfrecciare le bici, sicure che nessuna macchina le andrà addosso. Bici con passeggini annessi e bambini dai capelli biondi e dagli occhi azzurri come il cielo che oggi ci protegge.

Ecco, Amsterdam non è solo erba e prostitute, è una città dalla quale prendere esempio. Ad esempio ad Amsterdam gli artisti di strada sono liberi. Non ci ho parlato e ho voluto immaginare, ma quello che sicuramente vedo, è che si esprimono uno vicino all'altro senza problemi, senza dire: "questo è il mio posto". Ho visto musicisti ad ogni angolo di strada, ho visto bambini giocare ai musei, una sorta di caccia al tesoro tra i quadri di van gogh. Ho visto moltitudini di biciclette e non ho sentito l'aria pesante fare a cazzotti con le mie vie respiratorie... 

Due giorni nei quali ho assaporato un Amsterdam diversa e lontana dalle maglie del BULLDOG. Con quest'aria rilassata anche il sorriso di una giovane sud americana mi arriva più vero e tenero.

Ma il viaggio continua. 

Arrivo in stazione e mi dicono che non ci sono autobus diretti per Eindhoven. Ed eccomi ancora una volta a camminare all'interno di un viaggio. 

Tre studentesse preoccupate più per quello che stanno dicendo e meno per quello che stanno indossando. Una vecchia signora con poesia per ognuna delle sue rughe. Una donna, mi ricorda un personaggio di Tim Burton, mi guarda, mi sorride e mi dice: "Yes, this is Utrecht". E in tutto questo, tu, al mio fianco, mia dolce anima...

Prendo tre treni e un autobus e dopo quasi quattro ore di viaggio, arrivo in areoporto, stanco e felice.

Qui riapro gli occhi, vedo cappellini con su scritto: Amsterdam. Sento ragazzi parlare di erba, cocaina, prostituzione. Vedo facce sconvolte da notti insonni, ancora una volta sorrido e mi dico: "C'è chi viaggia da turista e chi da viaggiatore, mi piace pensare di essere nella seconda categoria"....

Fabio

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