DE AGOSTINI VINYL: il mensile per gli appassionati di vinili

DeAgostini Vynil fotoDe Agostini è un Publisher globale, impegnato in numerosi mercati in tutto il mondo (Italia, UK, Germania, Polonia, Giappone, Spagna, Portogallo, Francia, America Latina) con un catalogo di prodotti pensati per una distribuzione internazionale. Dal 2011 De Agostini Publishing è un punto di riferimento per gli amanti della musica e del vinile grazie all’altissima qualità dei propri prodotti e un approccio editoriale unico che guida ogni collezione.

In edicola c'è DE AGOSTINI VINYL, il nuovo mensile dedicato a tutti gli appassionati di musica a 33 giri! Il magazine, nato a settembre e diretto da Barbara Schwartz, rappresenta la tappa fondamentale di un percorso iniziato otto anni fa da De Agostini con la collana dedicata alla musica Jazz, cresciuto grazie a collezioni internazionali di successo e consacrato dalla community social che coinvolge decine di migliaia di appassionati.

I numeri di De Agostini Vinyl parlano chiaro:
- Circa 3 milioni di vinili venduti in tutto il mondo, più di 2 milioni di vinili venduti solo in Italia dal 2011 a oggi.
- Una storia di successi editoriali raggiunti grazie a collezioni dedicate a generi musicali fondamentali (Jazz, Classica, Blues, Progressive Rock Italiano) e ai migliori artisti italiani e internazionali (The Beatles, Queen, Fabrizio De André, Pino Daniele, Bob Dylan).
- 450 album ripubblicati in 9 collezioni.
- Circa 1 milione di copie di The Beatles Vinyl Collection vendute in tutto il mondo (di cui più di 300.000 solo in Italia).
- Una filiera produttiva e di controllo qualità di alto livello, grazie ai migliori fornitori italiani e internazionali e a un accordo esclusivo - per il proprio canale di vendita - con MPO, uno dei maggiori e più importanti produttori mondiali di supporti in vinile.
- La costruzione del catalogo De Agostini Vinyl è frutto di un costante monitoraggio del mercato e di una relazione duratura con Major ed etichette indipendenti.
- In un anno, la social community De Agostini Vinyl ha raggiunto, con i suoi contenuti, 5 milioni di appassionati e ha generato circa 140.000 interazioni. La community, ad oggi, conta circa 25.000 fan su Facebook.

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INTERVISTA CON I LIZARDS’ INVASION

Abbiamo intervistato i LIZARDS’ INVASION che ci hanno parlato del nuovo disco, delle nuove canzoni, dei progetti futuri e molto altro.

Buona lettura

lizards1.Chi sono i LIZARDS’ INVASION secondo i LIZARDS’ INVASION?
Sono 6 ragazzi uniti da una ricerca interiore profonda che continua a spingerli a sperimentare nuove soluzioni per ricreare musicalmente ciò che li anima dall’interno. Sì, insomma, siamo 6 amici che si sono ritrovati in una piccola sala prove 7 anni fa, con la promessa di prendersi un impegno settimanale che poi è sfociato in un disperato tentativo di infilarsi a tutti i costi nella scena musicale contemporanea

2.Come mai avete scelto questo nome per il vostro progetto?
C’è da dire che quando abbiamo scelto il nome la band ancora non era formata del tutto. Detto questo, inizialmente si era optato per “the lizards”, senza un apparente motivo. Riconoscendolo poi come un nome troppo comune, abbiamo deciso di aggiungere “invasion” per promuovere l’idea che la nostra musica dovesse letteralmente invadere le persone, insinuandosi nella loro testa. È buffo come questo aspetto ricalchi perfettamente il concept dell’album, sebbene sia stato concepito diversi anni dopo

3.Come definireste la vostra musica in tre aggettivi?
Tridimensionale: ci siamo sempre preoccupati di dare profondità alla nostra musica, sia inserendo testi non superficiali, adatti ad una interpretazione approfondita dell’ascoltatore, sia utilizzando suoni che richiamano echi, riverberi ed effetti sonori tipici di ampi spazi
Introspettiva: la nostra musica vuole essere uno sguardo all’interno per l’ascoltatore, vuole insinuarsi da dentro e generare un’“implosione emozionale”
Nostalgica: ci siamo sempre preoccupati di rinnovarci e di sperimentare nuove soluzioni, ma ci rendiamo conto che nei nostri pezzi c’è sempre qualcosa che rimanda anche alle atmosfere floydiane (a causa delle miriadi di cover in cui ci siamo cimentati i primi anni), cosa che non ci dispiace affatto, ma che anzi ci rende orgogliosi

4.Ascoltando il vostro ultimo lavoro, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il lavoro è nato per necessità: fino a prima di essere concepito avevamo alle spalle due EP, entrambi autoprodotti, uniti dal fatto che non era possibile trovare all’interno un’uniformità di genere. Questo perché noi siamo 6 teste, ciascuna con stili e gusti musicali diversi e questo ha portato alla genesi di diverse canzoni senza un filo logico comune, a parte, se proprio vogliamo, la sperimentazione di generi stessa. INdependence Time è quindi la nostra presa di genere, il nostro biglietto da visita, non a caso è un concept album: porci l’obiettivo di raccontare musicalmente una storia prefissata ci ha sicuramente aiutato nella composizione dei pezzi, i quali rappresentano appunto ogni capitolo della storia, con idee ben precise e definite, allo stesso tempo distaccate le une dalle altre.

5.Quali sono i vostri progetti futuri?
Suonare, suonare, suonare: questo album ci sta portando parecchio riscontro e finalmente stiamo riuscendo ad esibirci anche fuori dai confini a cui eravamo abituati. Stiamo anche cercando di organizzare un piccolo tour fuori dall’ Italia, probabilmente in Francia. Sicuramente il prossimo anno ci dedicheremo anche a registrare nuovi pezzi

6.Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?
Quello di unire la possibilità di viaggiare alla nostra musica: ci piacerebbe, come ogni musicista sognatore, poter vivere un giorno dei nostri pezzi, ma questo non avrebbe senso se la nostra musica rimanesse confinata negli stessi luoghi in cui è stata prodotta. Altrimenti, che razza di invasione sarebbe?

7.Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
Alt-j, Everything Everything, Glass Animals. Tutte e tre hanno un sound originale e un connubio interessantissimo tra la musica elettronica e l’uso di strumenti canonici, per non parlare dell’incastro fenomenale di cori e seconde voci. Per quanto possibile, probabilmente proveremo ad ispirarci a loro per i nostri prossimi lavori.

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INTERVISTA CON I GOD OF THE BASEMENT

Abbiamo intervistato i GOD OF THE BASEMENT che ci hanno raccontato il nuovo disco, le nuove canzoni, i progetti futuri e molto altro.
Buona lettura.

godofbas1.Chi sono i GOD OF THE BASEMENT secondo i GOD OF THE BASEMENT?
Direi che i God of the Basement dal punto di vista umano sono un insieme di amici che si divertono suonando, ai quali piace far casino e scrivere buona musica. Artisticamente il vero God of the Basement è un demonio dalla testa animale e camicia hawaiana che guida una decappottabile a noleggio sotto al cielo californiano.

2. Come definireste la vostra musica in tre aggettivi?
Diretta, pulsante, carnale

3. Ascoltando il vostro nuovo lavoro omonimo, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Da dove viene il nome della vostra band? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il nome della band nasce casualmente in una notte di sproloqui a Londra (in cui io ed Enrico abbiamo vissuto qualche anno fa). Accompagnati da una
scorta importante di birre stavamo parlando del più e del meno con diversi amici, attorno ad un tavolo di una Warehouse dell’est London; ad un certo punto, colpiti da un vuoto di memoria, non ricordavamo più la traduzione inglese della parola “diavolo”, così in un tentativo di risalire a questa parola ci siamo lanciati nella traduzione maccheronica “God of the Basement”. In quel momento ci siamo detti che se un giorno tornati in Italia avessimo mai creato una band quello sarebbe stato un nome interessante da usare perché ci suonava veramente bene all’orecchio. Così è stato. Questo lavoro prende forma già nel 2015 quando con Enrico abbiamo iniziato a tirare giù una serie di idee, lavorando sia singolarmente che insieme. Fin dall’inizio, man mano che le canzoni prendevano forma, non ci sono stati dubbi sulla direzione da prendere che era già abbastanza chiara per noi, cosi come gli “strumenti” da adottare per raggiungere il nostro obiettivo. Questo agglomerato di idee ci è subito apparso eterogeneo e molto convincente, queste caratteristiche fondamentali ci hanno portato poi a sviluppare ulteriormente tutto il lavoro con l’ingresso all’interno del progetto qualche mese più tardi di Alessio, Rebecca e Stefano. Infine, la scelta di registrare questo album con il produttore fiorentino Samuele Cangi si è rivelata decisiva per la formazione della nostra attuale identità musicale.Riguardo alle idee se vogliamo diversificare tra quelle legate alla composizione e quelle sulle tematiche, possiamo dire che la fondamentale sotto l’aspetto musicale è quella di mantenere un forte legame con il mondo rock’n’roll e trasmettere la nostra nostra passione per i groove hip hop e funky e per le belle melodie della musica pop. Le tematiche invece sono varie, trattiamo con ironia temi mistici e religiosi, oppure, usando un immaginario cinematografico raccontiamo storie surreali di personaggi animali ed umani descrivendo i loro comportamenti al limite.

4. Ci parlate della bellissima copertina del disco?
A questo giro volevamo un God of the Basement più umano, almeno esternamente, non più animale al 100%. Ovviamente il viso di questo dio è un segreto, è infatti celato e “spaccato” da una sorta di un sparo, oppure un pugno? O semplicemente un colpo di grancassa. Un cielo verdeacqua fa da sfondo e ricorda un cielo Californiano con tutto l’immaginario americano a cui ci rifacciamo. La grana e il noise di questa copertina costituiscono un filtro fondamentale per richiamare visivamente le interferenze che accompagnano costantemente l’album, come se il soggetto stesso fosse una visione magicamente proiettata sopra il cielo, da un glitch di un vecchio vhs. Potremmo quasi immaginare la copertina di questo disco come un frame di una storia, il vetro si rompe, sotto il colpo di una martellata decisa - in questo caso il nostro singolo “With the lights off” - dopodiché tutto il cielo di fumo sgorgherà via da quella crepa, ad aprire le danze.

5. Delle tredici canzoni che compongono il vostro disco omonimo, qual è il brano a cui siete più legati e perché?
Domanda dalla risposta multipla. Ognuno di noi ha un legame più o meno forte con le diverse canzoni. Noi saprei rispondere per gli altri. Per quanto mi riguarda direi Bobby Bones, per via della sua tematica “oscura” del quale sono un amante. Bobby bones è un becchino che da anni lavora all’interno di un cimitero, la sua condizione al confine tra i vivi e i morti lo rende un personaggio confuso ed astratto, la routine del suo lavoro lo schiaccia e si ritrova inevitabilmente nel suo personale limbo vaneggiante. Felice no?

6. Quali sono i vostri progetti futuri?
Il nostro futuro è oggi, abbiamo appena finito di pubblicare questo disco e per il momento quello che ci interessa è fare più concerti possibile per promuoverlo. Ovviamente nel frattempo continueremo a produrre del nuovo materiale che probabilmente capiterà di portare dal vivo in fase sperimentale.

7. Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?
Non credo ci sia un obiettivo comune prestabilito o un sogno proibito che teniamo nel famoso cassetto dei desideri. L’unica cosa sicura è che il live è la nostra dimensione preferita e abbiamo molta voglia di suonare, divertirci, collaborare ed incontrare più gente possibile. Condividere il palco con band o artisti di calibro internazionale penso sia l’aspirazione di molti, forse anche la nostra.

8. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
Lasciamo da parte le band ormai affermate a livello nazionale o internazionale. Per questa domanda vorrei rispondere con tre nomi di progetti local, bella musica proveniente dalla nostra città. Direi Handlogic, Nothing for breakfast e RedTree Groove. C’è n’è per tutti i gusti. Date un
ascolto e scoprirete.

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INTERVISTA CON LEONARDO ANGELUCCI

Abbiamo intervistato LEONARDO ANGELUCCI che ci ha raccontato il suo nuovo disco dal titolo “QUESTO FRASTUONO IMMENSO”; ci ha parlato delle nuove canzoni, dei progetti futuri e molto altro.

Buona lettura.

Copertina Questo Frastuono Immenso1. Chi è LEONARDO ANGELUCCI secondo  LEONARDO ANGELUCCI?
Un vulcanico artista iperattivo che si diletta fra vari progetti come chitarrista e cantante, scrive canzoni, insegna chitarra ai mocciosi e arrangia e produce musica anche per altri colleghi nel suo studio. Leonardo vive di musica e per la musica da sempre, organizza eventi e festival, ogni tanto fa lo speaker radiofonico o scrive su qualche blog, insomma si dà abbastanza da fare.

2. Come definiresti la tua musica in tre aggettivi?
Eclettica, ruvida, sudata.

3. Ascoltando il tuo ultimo lavoro dal titolo “QUESTO FRASTUONO IMMENSO”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il titolo è la frase conclusiva del disco, oltre che una frase del ritornello di “Un minuto”, il brano che conclude l’album. Il frastuono di cui parlo è quello della società “ipertesa” in cui viviamo, è quello interiore della mia generazione dal futuro sfocato, è il frastuono musicale delle mie influenze che ho riversato nel disco aiutato da Manuele Fusaroli e dallo staff di Massaga Produzioni. Il tutto è nato dall’esigenza di voler pubblicare un album vero e proprio, visto i positivi riscontri dell’ep “Contemporaneamente” e di tutto il lavoro svolto in un anno e mezzo. E’ un disco che parla d’amore, iniziato, annoiato, finito. Parla di noi stessi e della società che ci circonda, spesso poco calzante con le dimensioni dei nostri sogni e delle nostre ambizioni.

4. “QUESTO FRASTUONO IMMENSO” segna il tuo esordio discografico del tuo progetto discografico nato nel 2016. Quanto hai aspettato questo momento?
Beh sono quelle cose che accadono di conseguenza ad altre, quasi in modo naturale. Ogni lavoro svolto con passione e dedizione ogni giorno ti rende indietro qualcosa di più bello, prima o poi. Doveva accadere prima o poi, come spero verranno cose sempre più belle da questo progetto.
    
5. Delle dieci canzoni che compongono il disco, qual è il brano a cui sei più legato e perché?
Forse proprio “Un minuto”, perché è fottutamente carica di pathos ed emozioni vere, che ho vissuto sulla mia pelle e dentro la mia carne. Ma devo per forza citare anche “Sa terra”, il brano in lingua sarda nel quale ho collaborato con Bujumannu, voce storica dei Train to Roots.

6. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Tanti concerti, nuovi video estratti dal disco e poi sicuramente un secondo lavoro discografico.

7. Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
Zen Circus, Ministri, FASK.

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INTERVISTA CON RUGGERO DEI TIMIDI

Abbiamo intervistato RUGGERO DEI TIMIDI che ci ha raccontato il nuovo disco dal titolo "GIOVANI EMOZIONI", ci ha parlato delle nuove canzoni, ci ha parlato del suo universo musicale, dei progetti futuri e molto altro..

Buona lettura.

41205865 1975790829140385 5875362420221804544 n1.Chi è RUGGERO DEI TIMIDI secondo RUGGERO DEI TIMIDI?
Un cantante sentimentale dalle atmosfere senza tempo ma dalle tematiche molto attuali. Vivo il presente ma con la testa nel vintage.

2.Come definiresti la tua musica in tre aggettivi?
Intima, romantica, umida.

3.Ascoltando il tuo ultimo lavoro dal titolo “GIOVANI EMOZIONI”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Tutto è partito grazie a Spotify, che ringrazio ancora se ci legge: ho iniziato a perdermi negli album dei cantautori italiani anni 70-80. De Gregori, Ivan Graziani, Battiato, Bertoli, De Andrè, Concato…
Maratone impensabili un tempo, avrei dovuto acquistare tutti gli album! E invece per fortuna grazie alla crisi della industria musicale ci troviamo tutta la discografia che vogliamo a portata di smartphone!
Così ascoltando Rimmel di De Gregori mi è nata l’idea di scrivere Rimming. Da lì ho capito che c’era bisogno di una svolta: “Basta liscio! Basta anni 60! Basta reggaeton!” ho urlato. Tutti si sono girati stupiti: “Siamo in uno studio medico abbassi la voce!”. Ma la scintilla quando scocca non la puoi fermare: ho capito che era il momento della svolta cantautorale di Ruggero, dell’album della maturità. L’ho intitolato “Giovani Emozioni” in riferimento a Il Mio Canto Libero di Battisti: le emozioni nuove le puoi provare a qualsiasi età, sono loro ad essere giovani e a riportarti giovane anche senza bisogno di ascoltare la trap.

4.Quali sono i tuoi progetti futuri?
Al termine del Giovani Emozioni Tour che mi porterà in giro per i principali club italiani con la band, partirò con il Ruggero de I Timidi Christmas Show: 4 date speciali a tema natalizio. Partiamo il 10 dicembre dal Teatro della Luna di Assago (MI). Nel 2019 porterò l’album nei teatri con lo spettacolo Giovani Emozioni - Il Musical dove grazie alla presenza di 4 schermi sul palco riuscirò a fare delle coreografie che neanche flashdance. Poi c’è il progetto del film ma è ancora troppo presto per parlarne.

5.Musicalmente parlando, qual è il tuo sogno nel cassetto?
Un tour internazionale. Sto traducendo i pezzi. Ci vediamo a Las Vegas. Il secondo sogno nel cassetto è un duetto con Kekko de I Modà.

6.Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
Gli italiani Pop X per come destrutturano i testi, gli Arcade Fire per lo stile e poi la colonna sonora di The Greatest Showman con Hugh Jackman quando ballano e cantano tutti assieme. Vale come gruppo no?

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