INTERVISTA CON EDOARDO PASTEUR

Abbiamo contattato EDOARDO PASTEUR che ci ha raccontato il nuovo disco "Dangerous Man", ci ha raccontato le nuove canzoni, ci ha introdotti nel suo mondo musicale, ci ha spiegato le sue influenze musicali, i progetti futuri e molto altro.

Buona lettura

EDOARDO PASTEUR1.Chi è EDOARDO PASTEUR secondo EDOARDO PASTEUR?
Parlando di me in prima persona, per non cadere nel difetto dei veri grandi (da Maradona in giù…), sono una persona che ha vissuto e vive molte vite. Studente disattento e svogliato, poi lasciata la scuola gran lavoratore, partendo dal basso sono arrivato piuttosto in alto nel mio settore di business (che non cito, per discrezione), diciamo che in questo campo mi sono tolto alcune soddisfazioni. Grande family man, ho una moglie e quattro figli molto amati. Appassionato sportivo, per alcuni anni mi sono dedicato alle maratone, grazie alle quali ho girato il mondo con la mia famiglia. Molto tardivamente – non so se sia stato un bene o una sfortuna – mi sono dedicato ad attività più creative, la scrittura e la musica. Eccomi quindi storyteller e songwriter. Da storyteller ho avuto la piccola grande soddisfazione della pubblicazione di un racconto breve, una storia di montagna che ho scritto per divertimento anni addietro finita casualmente nelle mani di un editore, che con mia sorpresa lo ha dato alle stampe. Da songwriter, faccio quello che mi piace, racconto storie, sogni ed emozioni, accompagnato dalla mia chitarra. Tutto è nato per gioco, poi ha preso forma, e con l’aiuto di valenti musicisti sono riuscito a completare il mio primo album, Dangerous Man. Di cui vado maledettamente fiero…

2.Come definiresti la tua musica? Se dovessi dare tre aggettivi alla tua musica, quali sceglieresti?
Credo che la mia musica possa rientrare nel grande filone del rock americano. Forse è una definizione un po’ vaga e retrò, ma a piace pensarla così. Mi è stato di grande ispirazione Bruce Springsteen, sia per quanto riguarda la musica sia per la mia formazione come persona. Sembrerà strano ed esagerato, ma i seguaci del Boss capiranno… Vi sono poi altre fonti di ispirazione, ma il filo rosso che caratterizza tutti quelli che hanno influenzato il mio lavoro è dato dalla capacità di raccontare storie, di toccare l’immaginazione dell’ascoltatore. Un esempio è Robbie Robertson, chitarrista e principale songwriter di The Band, che mi piace – stranamente – non tanto per i fasti del tempo glorioso in cui accompagnava Bob Dylan, ma per la fase successiva e meno nota della sua carriera “solo”, quando ha scritto piccole gemme come Ghost dance e Showdown at big sky. Roba di nicchia, ovviamente, ma io sono curioso e cerco per strada roba non necessariamente parte del mainstream… Tre aggettivi che definiscano la mia musica? Appassionata, suggestiva, mai banale, almeno spero!

3.Ascoltando il tuo ultimo lavoro ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
Il titolo dell’album Dangerous Man è anche il titolo di uno dei tredici pezzi; è stato ispirato dalla lettura di una pagina di T.E. Lawrence, da tutti conosciuto come Lawrence d’Arabia, che scriveva che tutti gli uomini sognano, ma lo fanno di notte, solo poche persone sognano di giorno, e quelle sono persone molto pericolose… Questo pensiero mi era piaciuto e ho immaginato di dedicare un pezzo ai liberi pensatori, gente pericolosa da cui bisogna stare alla larga… Anche altri brani hanno avuto ispirazione da opere letterarie, come ad esempio Carry the fire, che paga un debito a The roaddi Cormac McCarthy, e Child of the storm, che contiene richiami a pagine di Salinger e Erri de Luca. Altri pezzi come Big Fish e Hey hey you sono dedicati a cult movies (il primo all’opera omonima di Tim Burton, il secondo a I guerrieri della notte di Walter Hill). Vi sono poi pezzi che debbono ispirazione all’attualità, come Brothers, dedicata ai ragazzi colpiti dalla tragedia del Bataclan nel Novembre 2015, e Whatever it takes, che canta in prima persona la prospettiva di coloro che attraversano i mari, figurati o meno, in tutti i tempi e in ogni parallelo. Infine, qualche piccola sceneggiatura, omaggio al cinema che tanto amo, come Let it rain e Princess Gaze, e un’invettiva contro coloro che vogliono rubare i nostri sogni, con I got a name.

4.Ascoltando le canzoni del disco emergono dei colori vocali molto particolari, molto intensi ed eleganti. Che peso ha la vocalità nei tuoi brani rispetto alla musica o al testo?
Non sono un cantante per formazione, non ho fatto studi particolari e mi sono messo a cantare con lo stesso coraggio temerario di chi si mette a sciare senza aver fatto scuola, approfittando solamente di buone gambe e della forza di gravità. Chi pratica lo sci sa che buone gambe e una bella discesa non bastano… Tuttavia sono un testone, avevo questo materiale per le mani, che mi stava molto a cuore. In un mondo ideale, avrei dovuto bussare alla porta di qualche grande interprete, per fargli cantare la mia musica (immaginate il Boss che canta Brothers o I got a name…), ma il mondo perfetto non esiste! Come dicevo, sono un testone, e ho deciso allora di metterci la faccia fino in fondo, cantandomela io la mia musica… La cosa tra l’altro mi è piaciuta assai, anche perché credo sia giusto che chi ha dei sogni, delle sensazioni, delle emozioni, sia lui stesso a doverle esprimere.

5.Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto lavorando alacremente al mio secondo album, ho un sacco di materiale pronto e ahimè dovrò fare qualche scelta dolorosa, escludendo qualche pezzo da questa puntata della mia carriera artistica. Purtroppo o per fortuna ho una vena compositiva piuttosto ricca, e continuo a scribacchiare qua e là delle cose, che piano piano prendono forma. Tra l’altro è una cosa bellissima, una grande soddisfazione vedere realizzate le proprie prime ispirazioni, buttate giù con la chitarra e un pezzo di carta, vedendole poi crescere piano piano fino a divenire un lavoro finito. Una piccola magia.

6.Musicalmente parlando, qual è il tuo sogno nel cassetto?
Non ho particolari aspirazioni, salvo quella di continuare a fare questo lavoro (che lavoro non è…) con passione. È evidente che tutti noi che esprimiamo qualcosa di artistico abbiamo l’aspirazione di essere ascoltati, facciamo le cose per noi stessi ma anche per regalare emozioni a quanta più gente possibile, anche se oggi l’industria della musica è assolutamente chiusa a qualsiasi forma di investimento su nuovi talenti che escano dal solco tipico del mainstream commerciale e del marketing. In ogni caso, per carattere non amo le lamentele e credo che tutti noi in tutti i campi otteniamo quello che meritiamo, in base al nostro talento e al duro lavoro. Parafrasando il calcio, credo che a fine campionato le fortune e le sfortune si bilancino, e che chi arriva in cima lo faccia con merito. Naturalmente so che non è vero, la fortuna conta eccome, ma non lo ammetterei neanche sotto tortura, perché rischierebbe di diventare un alibi… quindi ci si arrotola le maniche della camicia e si lavora!

7.Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
La verità? Non sono un grande ascoltatore di musica contemporanea… la mia vita è – per fortuna – parecchio piena, tra il lavoro con cui sbarco il lunario, la famiglia, la mia musica, e qualche altra cosa che mi appassiona, come il cinema e i viaggi. Sono quindi rimasto ai miei vecchi eroi, Bruce Springsteen, gli Stones, Leonard Cohen, Robbie Robertson, e qualche altra vecchia gloria che i ragazzi di oggi leggono sui libri di storia… Ah ecco, se devo aggiungere un nome ho scoperto da poco un fantastico cantautore italiano, Claudio Roncone, appartenente alla “nuova scuola genovese”; sconosciuto ai più, e sconosciuto non in quanto di modesto valore ma perché per sua scelta non pubblica album… Gli piace lavorare dal vivo nei teatri, e stiamo preparando assieme un concerto, che in pratica vedrà il mio esordio live! Molto fiero di lavorare assieme a lui, ed emozionato!

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INTERVISTA CON I BALTO

Abbiamo contattato i BALTO  che hanno raccontato il loro ultimo disco dal titolo "È tutto normale", ci hanno parlato delle nuove canzoni, delle loro influenze musicali, dei progetti futuri e molto altro.

Buona lettura

Balto foto 21. Chi sono i BALTO  secondo i BALTO?

I balto sono 4 ragazzi fra i 21 e i 24 anni con vite normalissime fra università treni regionali e lavori estivi in riviera, suonano nel modo che amano, qualcosa che viene sicuramente dal rock, scrivono di quel che li circonda a partire dallo sguardo rivolto a se stessi.

2. Come mai questo nome per la vostra band?

Mah, fondamentalmente ci piace come suona, anche se ci sono vari aneddoti a riguardo. Ci è capitata una cena fantastica in Toscana in cui abbiamo bevuto un vino che si chiamava proprio così, la cosa ci è piaciuta parecchio.

3. Come definireste la vostra musica?

Se doveste dare tre aggettivi alla vostra musica, quali scegliereste? La nostra musica è un po’ uno specchio di quel che viviamo, di quello che ci circonda e che osserviamo. Direi viva, onesta e amica.

4. Ascoltando il vostro nuovo ep dal titolo “È tutto normale”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?

Le canzoni di questo disco spaziano temporalmente da circa due anni fino a pochi mesi fa. L’idea era quella di trovare un ambiente in cui ci rispecchiassimo e in cui si potessero rispecchiare tanti amici e tanti ragazzi della nostra generazione, con le paure di non farcela, con l’incazzatura del non riuscirci, con la sfiducia nel prossimo, che però da qualche parte cerca ancora positività e ottimismo, il rifugiarsi in un abbraccio collettivo, in cui ci si ritrova parte di un tutto, per cui non ci possiamo sentirci ne speciali ne inferiori a nessuno, semplicemente normali, e apprezzarlo comunque vadano le cose.

5. Domanda provocatoria: perché continuare a sfornare ancora canzoni? Non è stato già detto tutto? Perché fare musica oggi?

Perché se non facessimo musica scrivendo le nostre canzoni probabilmente dovremmo andare a trovare il modo di sfogarci da qualche altra parte, e boh, ci ho provato ad andare in palestra ma mi fa schifo. È bello avere uno “sfogo” sano, soprattutto se condiviso in una band. Quindi prima di tutto facciamo musica che sentiamo vera per noi, che ci fa stare bene, poi comunque attenti a che possa piacere anche alle altre persone, altrimenti non avrebbe senso fare dischi.

6. Quali sono i vostri progetti futuri?

Continuare a suonare, scrivere, viaggiare, conoscere gente, fino a che avremo voglia e sentiremo che è importante per noi.

7. Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?

Naturalmente fare dischi, che siano ascoltati ed apprezzati, ma anche contestati, per carità, e portarli in giro il più possibile.

8. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?

In Italia i Fask, e Francesco Motta (anche se non è una band ma ci è cresciuto in una band, e il suo progetto solista è qualcosa di increbile).
Da fuori i Biffy Clyro.

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INTERVISTA CON GLI EREZED

Abbiamo intervistato gli EREZED che ci hanno raccontato il nuovo lavoro dal titolo "VENTRE", le nuove canzoni, i progetti futuri, le influenze musicali e tanto altro.
Buona lettura.


Foto Erezed 21.Chi sono gli EREZED secondo gli EREZED?
1. Erezed è sostanzialmente un progetto di crescita. Questa parola è primaria nella nostra esperienza, ci spinge a guardare sempre avanti, percorrendo il nostro viaggio rimanendo legati ai valori e ai propositi che ci hanno fatto partire.

2.Come mai la scelta di questo nome?
2. Il nome della band nasce dall’unione delle parole “ere” e “Zed”. Lo Zed è una torre interna alla piramide di Kheope a Giza, staccata dal resto della costruzione e quindi indipendente. Le ere dello Zed quindi sono tutti quei periodi in cui l'individuo, viaggiando dentro se stesso, giunge al nucleo delle proprie emozioni e oltrepassa tutte le barriere esterne, rendendosi libero dalle catene mentali. Abbiamo scelto un'opera così antica come simbolo di una ricerca che necessariamente deve arrivare alle radici della nostra storia personale, quando tutto ebbe inizio. I quattro elefanti presenti sul nostro logo invece simboleggiano rispettivamente la forza, la saggezza, la memoria e la dignità, virtù indispensabili nel lungo viaggio interiore.

3.Come definireste la vostra musica? Se doveste dare tre aggettivi alla vostramusica, quali scegliereste?
3.La nostra musica potrebbe essere definita come INTIMA, VISCERALE, INTROSPETTIVA.
 
4.Ascoltando il vostro ultimo lavoro dal titolo “Ventre”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
4.Il nostro intento fin dall'inizio fu quello di creare un progetto di inediti che andasse ad unire il rock-progressive internazionale, di matrice anni ottanta: MARILLON, YES, a testi in italiano di ispirazione cantautoriale. Col passare del tempo e con i primi live, le prime produzioni (abbiamo fatto due demo e un ep ufficiale), abbiamo capito che dovevamo snellire in qualche modo la parte musicale e dare più importanza al testo e alla parte poetica.  Ha preso forma quindi, in maniera naturale, l'idea di un concept che unisse le varie cose che scrivevamo in un percorso unico, un filo conduttore unificatore. Inoltre, essendo sempre stati affascinati dalla mente umana, dalle sue potenzialità di crescita attraverso le varie problematiche interne all'individuo, ci siamo sentiti di descrivere, nei nostri testi, i passi che noi stessi abbiamo compiuto per liberarci un pò da quelle che erano e che in parte lo sono ancora, le nostre paure fino a carpire una parte spirituale che non pensavamo di avere. Il nome dell'album, ventre, descrive proprio questo: una nuova nascita per l'animo umano che
affronta e supera varie tappe di maturazione della vita, fino al raggiungimento di un equilibrio che include però anche quindi la dimensione spirituale. Il percorso quindi si snoda in 12 tappe, uno per brano ed è sostanzialmente un dialogo tra due parti della stessa personalità, quella razionale e quella emotiva. Le due parti entrano in contatto e in conflitto attraverso i brani quando, da un certo punto poi, riusciranno ad unirsi e porre le basi per lo sviluppo concreto dalla persona dell'individuo.

5.Da dove nasce il progetto grafico della suggestiva copertina del disco?
5.La copertina, in relazione al significato dell'intero album, è la rappresentazione metaforica dei bagliori di luce che vediamo appena prima di nascere, o di rinascere. Quel segnale da seguire, una guida in mezzo al buio. Dobbiamo ringraziare la bravissima fotografa Martina Ridondelli, che ha capito cosa avevamo in testa trasformandolo in immagine.

6.Siete un trio: come riuscite a far convergere le vostre idee in un pensiero musicale unico?
6.Ci coinvolgiamo nelle nostre passioni e abbiamo creato un'armonia per la quale nessuno prevarica sull'altro, ma ognuno trova la propria dimensione espressiva. A Gianluca va la parte melodica e lirica, ad Alessio e Pierpaolo quella ritmica. La creazione di questo lavoro è passata non solo dalla sala prove, ma anche da dischi e libri condivisi, film visti insieme e, cosa più importante, dalla crescita personale che parallelamente abbiamo fatto.

7.Quali sono i vostri progetti futuri?
7.Siamo decisi a presentare diversi singoli, prendendo i brani più significativi per l'album. Contemporaneamente, oltre a provare per i concerti in programma, ci siamo messi a lavoro per proporre nuovo materiale, già forse per l'anno prossimo. Stiamo lavorando al nostro secondo disco con più maturità, cercando di di consolidare le varie idee che ci arrivato in modi diversi, non solo in sala prove. Stiamo partendo, contrariamente al lavoro fatto sul primo album, dai testi e dalle linee melodiche per poi scendere alla parte musicale solo successivamente.

8.Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?
8.Il nostro sogno è la piena realizzazione del nostro progetto. Lavoriamo ogni giorno per far si che quello che abbiamo da dire venga in qualche modo recepito, a più livelli. Se parliamo di obiettivi da raggiungere, vorremmo che questo album fosse l'anticamera per un altro bel disco
futuro e un successivo tour italiano. È bello poter ancora parlare di sogni nel cassetto, perché significa che questi sono ancora lì, pronti per essere raggiunti e vissuti.

9.Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
9.Il top adesso per noi rimane Steven Wilson (Porcupine Tree), reduce da un ultimo album bellissimo. Per quanto riguarda il panorama italiano citiamo il Management del Dolore PostOperatorio, dai testi interessanti e coinvolgenti. In questi giorni stiamo ascoltando con piacere
COEZ, che si sta facendo spazio anche nel panorama mainstream.

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INTERVISTA CON I SUPERBA

Abbiamo intervistato i SUPERBA che ci hanno raccontato il loro nuovo lavoro dal titolo "Non seguo la cura", ci hanno introdotti nel loro universo musicale, ci hanno parlato delle loro canzoni e dei loro progetti futuri...
Buona lettura.

Copertina Non Seguo La Cura Superba11. Chi sono i SUPERBA secondo i SUPERBA?
I SupErba sono quattro musicisti uniti dalla passione per la musica, una buona dose di ambizione e una forte amicizia.

2. Come mai questo nome per la vostra band?
SupErba è gioco di parole ispirato ai nostri vizi e alle nostre virtù...

3. Come definireste la vostra musica? Se doveste dare tre aggettivi alla vostra musica, quali scegliereste?
Emotiva, magnetica, riflessiva.

4. Ascoltando il vostro ultimo lavoro dal titolo “Non seguo la cura”, ci si ritrova coinvolti in otto brani uno più bello dell'altro. Come è nato questo lavoro? Quali sono le idee che sono alla base delle canzoni che lo compongono?
"Non seguo la cura” rappresenta per noi la scintilla pulsante negli occhi di chi vuole differenziarsi in questa società che ci vorrebbe standardizzati ed uniformi nel seguire dei cliché ormai privi di valori.
Abbiamo spaziato da canzoni come “Splendido” e “Le stelle che parlano” che raccontano di un mondo visto con gli occhi ingenui e pieni di stupore di un bambino a brani come “Felici e contenti” e “La maschera” che esprimono l’adeguarsi agli stereotipi rassegnandosi alla monotonia dell’ordinarietà e allontanandosi dai veri valori e sentimenti, fino ai pezzi di apertura e chiusura come “Io sono perfetta” e “Sulla mia pelle” dove emerge il desiderio di non accontentarsi di una vita preconfezionati rompendo gli argini di un futuro organizzato attraverso una sana follia.
Il contributo di Michele Guberti di Alka Record Label è stato fondamentale per incanalare tutte le nostre energie e le nostre idee in un contesto musicale efficace.

5. Quali sono i vostri progetti futuri?
A breve usciremo con il secondo singolo e stiamo pianificando le date del 2018. A settembre vorremo tornare in studio per un EP.

6. Musicalmente parlando, qual è il vostro sogno nel cassetto?
Se fossimo a miss Italia avremmo risposto "la pace nel mondo" ma noi ci accontentiamo di far arrivare il nostro messaggio e la nostra musica a quanta più gente possibile.

7. Se doveste consigliare tre band contemporanee, quali scegliereste?
Lo Stato sociale, Royal Blood, Muse

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INTERVISTA CON FRANCESS

Abbiamo contattato FRANCESS che ha pubblicato il suo nuovo disco dal titolo "A BIT OF ITALIANO": ci ha introdotti nel suo universo musicale, ci ha parlato delle sue canzoni, dei suoi progetti futuri, delle influenze musicali e molto altro.

Buona lettura.


francess1.Chi è FRANCESS secondo FRANCESS?
Sono una persona semplice con i piedi per terra anche se a volte forse un po’ troppo. Mi ha sempre appassionato la musica e a un certo punto della mia vita ho capito che cantare era un ottimo modo per sfogarmi, esprimermi oltre a divertirmi molto. Sono autoironica e non mi prendo maimaitroppo troppo sul serio. Sono abbastanza riservata ma la musica mi permette di farmi conoscere senza dover parlare troppo.

2.Come mai questo nome d’arte?
Il mio vero nome è Francesca English e, quando ero agli inizi, mi è stato consigliato questo nome d’arte per avere un’identitá più chiara e immediata soprattutto all’estero. Se devo essere sincera però, se avessi saputo che un giorno avrei fatto un disco chiamato “A Bit of Italiano” con lo scopo di costruire un ponte fra la mia parte italiana e quella americana, penso che avrei insistito per tenere il mio vero nome.

3.Come definiresti la tua musica? Se dovessi dare tre aggettivi alla tua musica, quali sceglieresti?
Sperimentazione, cura e passione sono tre parole con cui decriverei la mia musica. Da quando ho cominciato questo percorso, insieme alla mia squadra, ho cercato sempre di sperimentare per capire quale strada fosse artisticamente quella giusta per me. Tutto il lavoro che facciamo nasce da una grande passione che ci guida nella scrittura di ogni canzone e nel modo con cui affrontiamo ogni nuovo progetto.

4.Cosa rappresenta per te la musica (la tua e quella che ascolti)?
La musica, come qualsiasi altra forma d’arte, oltre ad essere una delle migliori valvole di sfogo, è un linguaggio che permette di esprimere stati d’animo e pensieri che altrimenti sarebbero difficili da descrivere. Per me la musica ha anche un grande valore esplorativo. Cerco di capirmi, riconoscermi e conoscermi meglio nelle canzoni che scrivo e nella musica che ascolto.

5.Ascoltando il tuo ultimo lavoro dal titolo “A BIT OF ITALIANO”, ci si ritrova coinvolti in un vortice di melodie da cui è difficile uscirne. Innanzitutto: Come mai questo titolo? Come è nato questo lavoro? Come è nata l’idea di reinterpretare dei brani della cultura musical-popolare italiana? Quali sono state le difficoltà più grandi che hai avuto nell’approcciarti a canzoni che hanno fatto epoca?
Questo progetto nasce dal desiderio di trovare un punto di incontro fra le mie due lingue e culture. “A BIT OF ITALIANO” descrive il concetto portante del disco. Volevo esplorare una confusione che ha sempre regnato dentro di me rispetto alla mia identità per via delle mie origini. Per fare questo ho deciso di scegliere alcuni brani della tradizione musicale italiana e attraverso gli arrangiamenti e la traduzione in inglese, cercare di raccontarli dal mio punto di vista. Con estrema cura e rispetto abbiamo lavorato su queste canzoni cercando di mantere per ognuna lo spirito dell’originale. Sicuramente ho avuto un po’ di paura all’ inizio perché mettere mano a brani così conosciuti e amati dal pubblico è sempre un rischio. Devo dire che però la reazione di chi ha sentito le prime canzoni rielaborate e tradotte, è stata talmente positiva da darci il coraggio di proseguire e finire questo lavoro con orgoglio e determinazione.

6.Ascoltando le canzoni del disco emergono dei colori vocali molto particolari, molto intensi ed eleganti. Che peso ha la vocalità nei tuoi brani rispetto alla musica o al testo?
Penso che ogni elemento abbia la stessa importanza in una canzone. Detto questo, ogni brano ha il suo equilibrio fra musica, voce e parole e trovare la giusta ricetta è una delle sfide per fare un buon lavoro. Io canto quello che mi suggerisce la musica usando le parole e i suoni che emergono.

7.Quali sono i tuoi progetti futuri?
Grazie a questo disco è nata una bella collaborazione con l’orchestra del teatro Carlo Felice di Genova con cui ho avuto l’onore di esibirmi in diverse occasioni e formazioni. È un’esperienza che mi ha molto stimolato e spero che continui e si evolva. Sicuramente il prossimo disco sarà un progetto di inediti.

8.Musicalmente parlando, qual è il tuo sogno nel cassetto?
La mia risposta a questa domanda è sempre la stessa. Il mio sogno nel cassetto è riuscire semplicemente a fare questo mestiere in modo stabile, dignitoso e soddisfacente dandomi a possibilita di riconoscermi sempre di più nella musica che faccio. Non ho grandi sogni di gloria, vorrei solo fare il mestiere che amo a un livello che mi permetta di godermi la vita divertendomi con le persone che condividono la mia stessa passione.

9.Se dovessi consigliare tre band contemporanee, quali sceglieresti?
Non ascolto tante band contemporanee quindi ne consiglio solamente una. Gli Alabama Shakes sono un gruppo che ascolto molto. Sono bravissimi e la cantante ha una voce potente e ricca di colori.

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