"Siamo una coppia che ha deciso di condividere anche un progetto musicale": INTERVISTA ai TALK TO ME

Stefania ed Andrea sono un duo emiliano romagnolo: i Talk to me. Li abbiamo contattati per farci raccontare il loro ultimo ep dal titolo "A long time waiting" (in free-download QUI), la loro musica, le loro influenze, i loro progetti futuri e molto altro...buona lettura!

 

talktomecoverChi sono i Talk To Me secondo i Talk To Me?
A: Siamo una coppia, che ha deciso di condividere anche un progetto musicale perchè così si faceva prima e perchè a entrambi piace quello che ne viene fuori
S: sì, un duo che è nato all'interno di una storia e che è sorprendentemente riuscito a farci fare quello che volevamo fare, ma che non riuscivamo con altri progetti: tirare fuori sonorità un po' nordiche, giocare con melodia ed effetti

Da dove deriva il nome della band?
A: Inizialmente partimmo con l'idea di chiamarci “Moving Barley”, quei bei nomi che non vogliono dire niente, no? ma poi a me non piaceva... un po' perchè mi ricordava “The wind that shakes the barley” e un po' perchè mi faceva pensare a una versione dei Moving Mountain che però anzichè le montagne si limitano a muovere sto Barley... così si è optato per un altro nome che non volesse dire niente ma che suonasse bene anch'esso! Ecco I Talk to me!
S: Andre, ma se “moving barley” l'avevi inventato tu! e a dir la verità neanche a me convinceva tanto.. comunque è vero che non c'è nessuna bella storia dietro al nome, però “talk to me” a me non piace solo perché suona bene ma anche perché è una frase che tutti abbiamo pensato almeno una volta. Il desiderio di comunicare e il problema dell'incomunicabilità direi che sono all'ordine del giorno e per me sono grande fonte di ispirazione ad esempio per le canzoni che scriviamo

Come si è formata la band?
A: La Ste (si, in romagna davanti ai nomi di donna ci va l'articolo) scriveva le sue canzoni e le registrava in cantina, solitamente arrangiate con chitarra/piano/Synth, poi si rese conto che con due mani non poteva eseguire tutto quello che registrava e che le serviva aiuto... così ho deciso di aiutarla io dato che i pezzi mi piacevano e così univo casa e bottega. Poi ho iniziato a rovinarli mettendo mano negli arrangiamenti, ma questo lei l'aveva messo in conto.
S: Confermo. Poi Andre si è fatto prendere la mano: “tu dimenticati di com'era prima, adesso il pezzo è in 5/4, ora rifacci pure la voce” si può immaginare la mia faccia... scherzi a parte, è stato bello trovare qualcuno che finalmente maneggiasse le mie canzoni come volevo e avere una certa confidenza ti aiuta anche ad essere più libero nel dire la tua opinione, a spiegare quello che vuoi.talktome2

Nel novembre 2012 è uscito il vostro lavoro dal titolo "A Long Time Waiting". Quali sono gli ingredienti principali? Ed, inoltre, come mai questo titolo? Cosa c'è dietro una lunga attesa, secondo voi?
A: Gli ingredienti principali secondo me sono le cose semplici, perchè innanzitutto nessuno dei due è un gran musicista e poi perchè ci piace ricreare delle belle atmosfere basate su un semplice arpeggio magari, che crea quell'atmosfera in cui ti puoi sentire galleggiare senza che ci sia bisogno di tanto altro per metterla in piedi. Col computer si potrebbero fare mega-arrangiamenti e basi pienissime, ma poi diventerebbe una specie di karaoke e anziché un'atmosfera distesa e alienante diventerebbe il caos. Il titolo è dovuto al lungo tempo trascorso da quando la Ste ha scritto le canzoni nella sua cantina a questo momento, in cui finalmente hanno preso una forma con la quale tutti hanno potuto iniziare ad ascoltarle e conoscerle.
Dietro una lunga attesa? secondo me c'è tanto desiderio.
S: Vero. Insomma immagina che hai gli stessi ingredienti da una vita, li rigiri tra le mani perché hai in mente cosa farci però vedi che da solo non riesci ad ottenere il risultato che vuoi. Provi varie collaborazioni ma ancora niente, passano gli anni... alla fine ad un tratto TAC ce la fai e fai pure uscire un disco! Però l'attesa dietro l'ho sentita davvero tanto, c'era impazienza da parte mia. Quello che c'è nel disco quindi sono elementi raccolti negli anni (storie, influenze musicali, modi di scrivere e di arrangiare...)

Di quali argomenti avete parlato?
A: Lascio la parola a chi si occupa dei testi
S: I testi spesso sono una specie di sfogo, un viaggio ad occhi aperti, frasi non dette. Non sempre hanno una continuità di argomento strofa-ritornello perché magari sono nati da tutto ciò che circondava un determinato momento. Ad esempio my wall che parla del desiderio di andare via e ricominciare tutto da capo, ma allo stesso tempo di qualcuno che ti tiene fermo e di cui vorresti fidarti. Late at night è una conversazione immaginaria, di quelle che si fanno appunto a notte fonda con qualcuno a cui vorresti dire tanto e magari certe cose riesci a dirle solo a quell'ora. Red Cross parla della diffusa tendenza ad innamorarsi di persone autodistruttive dando la colpa al fato, mentre siamo noi a diventare autodistruttivi in quel caso (rivolta a tutte le donne che si dicono “me li trovo tutto io”...) Anywhere è il viaggio di una mente innamorata. Finally è l'incontro finale con qualcuno che cercavi da tanto. Miles è un momento in cui qualcosa di bello e inafferrabile è crollato e la distanza e la chiusura in se stessi rende ancora più difficile la comunicazione. In fondo è da lì che nasce il dolore. Getting old parla di come tutto cambia quando inizi a crescere davvero e della paura di non riconoscersi più.

Come sono nate le canzoni (sia da un punto di vista testuale che per quanto riguarda gli arrangiamenti)?
A: A livello di arrangiamenti spesso tutto nasce, come dicevo sopra, da un arpeggio che ci piace, o magari da un giro di synth convincente, che potremmo vedere come un pollo, ok? Poi attorno al pollo per far si che la cena abbia un senso non resta altro da fare che aggiungere spezie, aromi e un bel contorno, che sarebbero le voci e il resto dell'arrangiamento...
Per ora comunque ci siamo dedicati quasi esclusivamente all'arrangiamento (o ri-arrangiamento) dei pezzi che la Ste aveva già scritto negli ultimi anni (motivo come detto sopra del titolo scelto per il disco, appunto) e sono pochi i pezzi scritti da zero, giusto un paio. Ma è con l'approccio del pollo citato sopra che si stanno andando a creare i pezzi del prossimo lavoro...
S: Esatto. Quasi sempre si parte da un semplice giro strumentale a cui ci si aggiunge un testo che poteva già essere lì scritto da qualche parte (perché oh poi i testi ti possono venire che ne so mentre sei in treno...) oppure lo si può scrivere dopo. Scrivere le melodie di voce è una cosa quasi istantanea tipo che senti nella testa la melodia come se ti fosse venuta in mente una canzone che già conoscevi (e a quel punto però devi controllare che non sia un plagio!). La parte più lunga è scegliere i suoni e gli altri strumenti, lì si va un po' più in maniera razionale. Chitarre e synth si fanno insieme, a volte uno suona la parte scritta dall'altro, per le batterie fa molto di più Andre che è un batterista, come io ho l'ultima parola sulle seconde voci (in teoria...)

Ascoltando "A Long Time Waiting", l'ascoltatore viene catapultato in una dimensione rilassante e lontana da melodie aggressive o nervose (i brani sono dotati di melodie meravigliose su cui si adagia la voce vellutata e leggiadra di Stefania). Da dove avete preso spunto per concepire questi brani?
A: sinceramente non saprei, ci sono tantissime influenze musicali diverse in ognuno di noi due, e anche molto differenti... Io ad esempio sguazzo nel post-rock e nello shoegaze mentre la Ste arriva dal background pop-punk alla get up kids...
Forse il fatto di improvvisarmi chitarrista mi permette di avere una certa verginità nei confronti di questo strumento e di potermici approcciare molto ingenuamente facendo solo quelle cose che mi sembrano “starci bene” spesso senza essere neppure consapevole di quello che sto facendo! Poi ovvio, se fossi un chitarrista per davvero vorrei essere Stuart Braithwaite o Kevin Shields, ma per ora mi limito solo a riprodurre dei suoni che ho sentito qui e la e che mi piacciono.
S: beh i pezzi da cui partivamo erano quelli che avevo scritto e io non mi definerei aggressiva o nervosa quindi quello che sono e che siamo sicuramente si riflette. Certo, all'inizio avevamo varie idee: si poteva creare un progetto con la classica voce femminile martellante e la drum machine a palla ma questo ci avrebbe stancati, eravamo più per “il corteggiamento” del suono, cioè trattarlo in maniera lenta e delicata. In poche parole, un bell'arpeggio o un suono di synth te lo godi di più se è dilatato e isolato secondo me, ecco com'è nata la cosa.

talktomeQuali sono i vostri impegni futuri?
 A: ora come ora non abbiamo impegni purtroppo... speriamo che suonare possa diventare uno di questi! Per ora ci dedichiamo a qualche pezzo nuovo.
S: impegni futuri per il 2013: suonare il più possibile e se va male a me non dispiacerebbe trasferirmi a Berlino e mettermi a suonare di fronte alla sede della Morr Music finché non mi fanno entrare per esasperazione.


Tour, collaborazioni, registrazioni?
A: Dall'inizio dell'anno siamo nelle mani di Molotov Booking e speriamo che si inizi a girare un po' nei prossimi mesi, nel frattempo continuiamo a provare e a scrivere e prima dell'estate ci piacerebbe far uscire un altro lavoro, ma vedremo come saremo messi coi tempi! Collaborazioni per ora nessuna, ma parlando con Ivan (mio collega di Stop Records) si pensava a una collaborazione che potrebbe essere molto interessante, chiaramente è tutto da vedere e non si può dire niente di più!
S: Interessante perché non ho idea di cosa Andre stia parlando! Io ho registrato da poco una cover di Neverending Story per il disco di Small Giant che esce a fine gennaio. Anche noi Talk to me abbiamo registrato da poco una cover (non si dice quale) ma uscirà prestissimo con un video home-made.

Se doveste consigliare tre artisti contemporanei (band, cantanti, scrittori, pittori, attori...) quali sono i primi tre nomi che vi vengono in mente?
A: Bon Iver, S. Carey e gli amici romani colleghi di etichetta Mary in June.
S: Electric President, Keaton Henson, Observer Drift. Pardon, è sempre solo musica. Di attori ne sa più Andre e di arte e letteratura io sono rimasta all'impressionismo e alle sorelle Brönte.

Cosa ne pensate del trattamento riservato oggi alla musica in Italia, dalla possibilità di emergere alle difficoltà nel trovare date per potersi esprimere?
A: In italia funziona che ci sono gli agganci facili e le conoscenze per fare tutto, oppure non ci sono e non si fa niente. O quasi. E riguarda tutto, sia il farsi conoscere che il suonare in giro.
E non basta, perché poi ci sono le mode e le tendenze che quelle due o tre fonti “autorevoli” hanno il potere di poter decidere... del tipo che un giorno qualcuno decide che quello è l'anno dei power trio col batterista che suona timpano e rullante in piedi e allora se il giorno prima hai perso lo sgabello ti conviene cogliere l'occasione che forse è l'anno buono. Finché l'anno successivo non si decide che va di moda il punk-hardcore e tu finisci nel dimenticatoio.
S: resta la storia del “devi conoscere la gente giusta” perché se ad Andre e Ivan non fosse venuto in mente di mettere su la Stop Records non penso che avremmo avuto la minima visibilità. Ma purtroppo come cambiare la situazione? Siamo sempre più band, è normale che sia difficile farsi sentire. Per quanto riguarda i generi diciamo che invece io non sempre capisco quelli che cercano assolutamente qualcosa di “nuovo”. Meglio qualcosa di fatto bene che non una novità che non ti lascia niente.

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VIDEOINTERVISTA a SMOOTH STREETS PROJECT, vincitori del contest DISCO DELL'ANNO 2012

1350410178 smooth-streets-project-city-lights-2012Abbiamo intervistato gli Smooth Streets Project, freschi vincitori della seconda edizione del contest DISCO DELL'ANNO indetto da Vivalowcost. Il concorso ha avuto un'ottima risposta dalle band e dai fans delle stesse band, scatenando una bella lotta per la vittoria finale. Con più di duemila voti, si sono aggiudicati il primo posto gli Smooth Streets Project, trio di Potenza che con immenso piacere ospitiamo sui nostri spazi. Ci hanno parlato di loro, della loro musica, del loro ultimo album "City lights", dei loro gusti musicali e tanto altro...


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"Perchè un festival jazz?" INTERVISTA ad EMILIO GALANTE, direttore artistico del Trentino in Jazz'12

trentino-jazzAbbiamo contattato Emilio Galante, direttore artistico del Trentino in Jazz 2012 (di cui Vivalowcost è stato mediapartner), per chiedergli come si è svolta l'edizione appena terminata e per farci raccontare la situazione del jazz in Italia dal suo punto di vista; il direttore si è inoltre poi espresso sul futuro dell'importante rassegna musicale. Buona lettura.


1. Innanzitutto diamo tre aggettivi per definire l'edizione appena trascorsa del festival Trentino in Jazz (di cui Vivalowcost è stato mediaprtner).
“Produttivo, non convenzionale, sinestetico”


2. Quali sono stati gli artisti coinvolti nella manifestazione? Come è avvenuta la scelta della proposta musicale?
Gli artisti più importanti sono stati gli americani Nicole Mitchell, Robert Dick e Gabriele Mirabassi. Sono stati scelti per la loro capacità di interagire con l’ensemble residente in un territorio  crossover fra musica scritta e improvvisata.


3. Come considera la "cultura jazz" in Italia? Se dovesse definire il pubblico che ha seguito le serate del Trentino, quali aggettivi le vengono in mente?
La cultura jazz italiana è estremamente aperta e ricettiva, molto meno accademica di quella americana e così è il nostro pubblico, aperto ai più diversi connubi, sempre curioso di novità. Si può ben dire che quest’anno lo abbiamo messo alla prova, con tutte le più imprevedibili proposte fra rock d’avanguardia, jazz, musica classica contemporanea e rimusicazione di film muti!Emilio Galante


4. Dal punto di vista di presenze, del pubblico partecipante, il festival ha soddisfatto le aspettative degli organizzatori?
Il pubblico quest’anno si è raddoppiato rispetto all’anno precedente. Non possiamo che esserne soddisfatti.


5. Il programma degli spettacoli è stato corposo e di qualità e c'è stata, inoltre, la scelta di impostare le serate ad ingresso gratuito: che risvolti pratici ha sortito questa decisione?
Risvolti solo positivi. La burocrazia e le tasse imposte dallo sbigliettamento fanno sì che il gioco non valga la candela. In questi tempi di crisi il pubblico, soprattutto giovanile, vede quest’offerta come un toccasana.

6, Si sta già pensando alla prossima edizione del Trentino in Jazz? Quali sono i tre nomi di artisti che le piacerebbe portare al suo festival?
In autunno dovrebbe collaborare con noi il pianista norvegese Jon Balke (artista ECM).
Metteremo in scena poi una favola morale sulla mafia, con opere grafiche dell’artista palermitano Enzo Patti.
Abbiamo poi in animo di indire un concorso di arrangiamento e composizione per orchestra jazz.

 

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"Consapevole di non riuscire ad arrivare al cuore,tentiamo col culo e la mente": INTERVISTA a CONRAD

conrad- Chi sono i Conrad secondo i Conrad?
Conrad è un napoletano che si guadagna da vivere facendo il marinaio e che quando non ha bisogno di guadagnarsi da vivere fa Conrad.

 

- Da dove deriva il nome del progetto?
Da Joseph Conrad, uomo ammirevole che ha conosciuto il mare e la vita attraverso il mare e che ha raccontato le miserie del mare e della vita senza aggiungere una parola più del necessario. Un esempio.

 

- Come nasce l'idea di mettere su questo progetto?
Nessun progetto, un giorno ho cominciato, così, senza pensarci. Come l'incipit di Moby Dick, è un modo che ho per regolare la circolazione.

 

- È da poco uscito l'EP dal titolo "Safety of Life at Sea”. Quali sono gli ingredienti di questo disco?
L'incomunicabiltà: la consapevolezza di non riuscire ad arrivare al cuore, tentiamo col culo e la mente.

 

- Come sono nate le canzoni?
Troppe sbronze tristi in compagnia di persone superficialmente divertenti; tornare a casa e fermare il vuoto.

 

- Ascoltando "Safety of Life at Sea”, l'ascoltatore si trova di fronte quattro brani in cui regnano i synth e l'elettronica. Da dove avete preso spunto per concepire questi brani?
Tante cose. I beat di RZA, il ballare in una tomba dei New Order, il Rap notturno e fumoso, Death in June... è lunghissimo l'elenco.

 

- Come mai la scelta di pubblicare l'ep "Safety of Life at Sea” in formato musicassetta? Pura voglia di rispolverare un supporto vintage oppure c'è qualcosa di più recondito?conradpix
L'idea è venuta a Filippo di MiaCameretta (una delle due etichette, l'altra è Fallodischi), senza il quale, molto probabilmente, non avrei mai vinto la timidezza di far musica da solo e Conrad giacerebbe ancora in qualche disco esterno. Tra una birra e l'altra gli è venuta l'idea, non ho avuto nulla da obiettare, così è stato.

 

- Quali sono i vostri impegni futuri?
Semplicemente fare nuova e migliore musica.

 

- Se doveste consigliare tre artisti contemporanei (band, cantanti, scrittori, pittori, attori...) quali sono i primi tre nomi che vi vengono in mente?
Rihanna, seriamente, la sola persona che sembra elevarsi in un mondo fin troppo mediocre; TheJackal, videomaker napoletani indipendenti con le palle cingolate; Brian Wood, che firma le storie di fumetti bellissimi.

 

- Cosa ne pensate del trattamento riservato oggi alla musica in Italia, dalla possibilità di emergere alle difficoltà nel trovare date per potersi esprimere?
Non ho una reale idea per molteplici motivi: 1) come della Cina, del Kansas, del Lussemburgo, dell'Italia mi frega niente. Vivo a Napoli, sono napoletano, mi preoccupo di Napoli e come qualsiasi napoletano sono ostaggio dell'Italia; 2) non m'interessa emergere. Diceva Pasolini che il successo è l'altra faccia della persecuzione, credo di perseguitarmi già abbastanza da solo e, soprattutto, non faccio Conrad per saziare la mia sete di conquista del mondo. Ho molta vera volontà di potenza; per quella futile e banale mi basta il Risiko; 3) non saprei suonare Conrad dal vivo, quindi il problema è estirpato alla radice.

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"Ci si trova in studio e vediamo cosa succede": INTERVISTA ai CALIBRO 35

Abbiamo contattato i Calibro 35 per farci raccontare il loro ultimo ep "Dalla Bovisa a Brooklyn". Ecco quanto ci ha detto Tommaso Colliva...buona lettura!


calibrocoverChi sono i Calibro 35 secondo i Calibro 35? Come definireste voi stessi sia come musicisti singoli, sia come band?
C'e' una definizione che diedi quasi per caso anni fa quando Calibro era poco piu' che un neonato: Italian Jam Band performing Golden Age Soundtracks and Original Compositions... sostanzialmente un gruppo che partendo da un'attitudine live esegue brani propri e del repertorio delle colonne sonore italiane. Diciamo che cerchiamo di rimanere fedeli a quel motto.

Avete da poco pubblicato "Dalla Bovisa a Brooklyn". Quali sono gli ingredienti di questo ep?
'Dalla Bovisa a Brooklyn' contiene tre brani registrati durante il nostro primo tour negli Stati Uniti e tre brani registrati durante la nostra terza visita negli States. Soprattutto i primi tre brani sono stati per noi una sorta di "momento di svolta": andare in studio durante un day off e vedere cosa succedeva era una bella scommessa e riuscire a portare a casa tre pezzi in neppure dieci ore ci fece capire cio' che eravamo in grado di farlo.

 

Come sono nate le canzoni da un punto di vista compositivo? Cosa vi ha ispirato?
Il processo di scrittura e' vario. La maggior parte delle volte si parte da un riff, un'idea o un atmosfera di uno di noi e si sviluppa un mondo attorno. Essere a New York in un contesto non familiare ti condiziona, ti ispira, ti fa agire diversamente da quanto faresti nelle comodita' casalinghe.

Ascoltando "Dalla Bovisa a Brooklyn", l'ascoltatore viene catapultato in un viaggio che lo porta dalla Milano notturna alla mastodontica Brooklyn. Perchè avete scelto proprio questi due punti di riferimento?

Prima di tutto era bello il contrasto. L'esotismo di Brooklyn e l'italianita' della Bovisa. Entrambi sono quartieri che esprimono una grossa personalita' pur rimanendo perfettamente integrati con le citta' di cui fano parte. Poi hanno nomi che iniziano entrambi con la B.BER1647


Nella tracklist dell'ep c'è una rivisitazione di tre classici: “Il padrino”, “Death dies” e “New York by night”. Cosa rappresentano per voi questi tre brani?

Sono brani legati all'America per diversi motivi. Il riferimento dei primi due e' evidente: il brano di Piccioni e' colonna sonora di una commedia nera ambientata a Little Italy con Sordi protagonista, il "Padrino" e' invece in gran parte girato a Brooklyn. Per "Death Dies" invece la storia e' piu' divertente (credo). Quando usci' il nostro secondo disco in America un magazine specializzato in musica nera chiamato Waxpoetics lo recensi' dicendo che suonava come se i Goblin avessero registrato negli studi della STax a Memphis. A quel punto abbiamo pensato che Calibro che registrava uno dei brani piu' funk dei Goblin in uno studio a Brooklyn si avvicinava alla cosa.

Quali sono i vostri impegni futuri?

Ora siamo ancora in televisione come resident del programma di Fabio Volo fino a Febbraio. Poi un po' di pausa e probabilmente qualche data in giro per l"Europa. In Italia staremo fermi con i concerti almeno fino all'autunno. Nel mentre ci si trova in studio e vediamo cosa succede.

Se doveste consigliare tre artisti contemporanei (band, cantanti, scrittori, pittori, attori...) quali sono i primi tre nomi che vi vengono in mente?

I primi tre: Charles Bradley, Paul Thomas Anderson, Os Gemeos

Cosa ne pensate del trattamento riservato oggi alla musica in Italia, dalla possibilità di emergere alle difficoltà nel trovare date per potersi esprimere?

La cultura della musica non colta in Italia non e' granche'; inutile girarci attorno. La reverenza verso la tradizione che ci portiamo sulle spalle, un mercato discografico piccolo piccolo e lo strapotere delle televisioni sono tre degli elementi che penso abbiano contribuito in modo determinante a questa situazione. Nel frattempo pero' ci sono solide, solidissime iniziative indipendenti che funzionano molto bene. Supportiamo chi fa le cose per bene!

 

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